mercoledì 29 marzo 2017

Mass Production

Surreale viaggio al termine della notte, posto proprio in chiusura dell’album “The Idiot”.
Traduco qui un articolo sul brano trovato in rete nel blog: bowiesongs 


"La prima cosa che si ascolta su “Mass Production”, il film d’orrore industriale di otto minuti che conclude The Idiot, è l’ingresso in fade in di un sintetizzatore, come una macchina che tira il fiato; improvvisamente è confinato nel canale destro, dove ora ronza una singola nota, come una sirena da nebbia, e gli rispondono quattro note nel canale sinistro, il verso di un uccello meccanico che si ripete per la maggior parte del brano (sebbene spesso affogato nel missaggio). Il passaggio di batteria scuote la canzone dandole una parvenza di vita, e quando Iggy Pop appare suona come un uomo che tiene qualcuno in ostaggio. “Beforrrre you GO,” con voce cavernosa, “Do me a FAV-orrr…Give me a NUM-berrr…”

Pop inizialmente canta il suo testo per “Mass Production” (la vita moderna è cosi disumanizzante che trovare una nuova ragazza è come trovare un nuovo tostapane, laddove il cantante alla fine si rende conto che lui stesso è una merce altrettanto sostituibile) con una voce che Lester Bangs, recensendo il disco per Stereo Review, definì “sintezomboide.” Pop cresce fino a una serie di frasi lamentose che infligge più che cantare, enfatizzando quei suoni che più riesce a strangolare: “you’re not NOTHING NEW,” “it’s THERE in the MIRROR,” “breasts turn BROWN—so WARM and so BROWN.”

Il caposaldo della traccia era un loop di nastro di “rumori industriali sovraccaricati” che Laurent Thibault aveva assemblato per Bowie e Pop—Thibault mise insieme il nastro in sezioni, poi realizzò un master delle serie di missaggi. Thibault ricorda Bowie seduto per un’ora a guardare la bobina di nastro ruotare. “Come un bambino immobilizzato da un trenino,” raccontò a Paul Trynka. Il nastro, srotolato, avrebbe coperto la lunghezza della stanza.

Bowie e Pop furono ispirati dai ricordi di quest’ultimo relativi a una pressatrice allo stabilimento della Ford a River Rouge. “Un grande pezzo di metallo pesante tagliato in uno stampo,” sputava un nuovo parafango ogni minute, come descrisse la scena più tardi Pop. L’opprimente “Mass Production,” comunque, è lontana da qualunque tipo di trionfante futurismo; non c’è alcuna nobiltà nella macchina che si trova qui, solo un riconoscimento nichilistico che persino la fredda promessa dei macchinari è una menzogna. Se “Mass Production” ha un suo omologo in campo visivo, quello è rappresentato dai set di  David Lynch per Eraserhead: una città apparentemente epurata dagli esseri umani e ridotta a rotaie ferroviarie abbandonate, caseggiati senza vita e un’oscurità dilagante.

“Mass Production” ha quattro versi (uno strumentale) accentrati su un singolo accordo (F7) e un singolo riff (suonato con chitarra e sintetizzatore, probabilmente entrambi da Bowie), più un ponte di dodici battute, che arriva come – pur misero – sollievo, con arpeggio di chitarra e un cambio di accordo, mentre la voce di Pop ha in essa un brandello di calore nonostante stia cantando i versi “though I try to die/you put me back on the line”: salvezza in forma di riprogrammazione. Il verso strumentale è dominato da sintetizzatori scordati, che ritornano verso lo sfumato, con i loro pattern cantilenanti che suonano come una presa in giro; il brano finisce dove era cominciato, con la sirena da nebbia e le note del canto di uccelli, industria e industrializzati. Sfiancante da ascoltare e volutamente corrosive, “Mass Production” offriva il futuro: i Joy Division, tra gli altri, cominciano qui.



Produzione di Massa
Prima di andare
Fammi un favore
Dammi il numero
Di una ragazza quasi come te
Con gambe quasi come le tue
Sono sprofondato e sepolto nella produzione di massa
Non sei niente di nuovo
Mi piace guidare per le superstrade
Vedere le ciminiere eruttare
I seni diventano marroni
Così caldi e marroni
Sebbene io stia cercando di morire
Tu mi rimetti in gioco
Oh dannazione, al diavolo
Di nuovo in gioco, diavolo
Di nuovo al mio posto
Ancora e ancora
E vedo la mia faccia qui
Ed è là nello specchio
Ed è su in aria
E io sono giù a terra
Tra l’altro
Sto andando a prendere le sigarette
E dato che devi andare
Non mi faresti quel favore?
Non mi daresti quel numero
Non mi procureresti quella ragazza
Quella quasi come te
Sì è quasi come te
e io sono quasi come lui
e io sono quasi come lui
sì, e io sono quasi come lui
e io sono quasi come lui

mercoledì 22 marzo 2017

Get Down Moses

Una delle migliori canzoni di “Streetcore”, un album di grande qualità nonostante sia stato pubblicato postumo e Joe Strummer non abbia potuto ultimarne la lavorazione. Il disco comprende infatti anche versioni incomplete di alcuni brani, laddove invece è perfettamente compiuta questa “Get Down Moses”: incrocio riuscitissimo di rocksteady ed elettronica per un testo che mescola immagini bibliche e visioni lisergiche. Il profeta viene invocato a ritornare, per darci un’altra tavola della legge, più attuale, incisa in una pastiglia di acido, mentre ancora una volta separerà le acque del Mare (Rosso?).




Scendi Mosè
Una volta che raggiunsi la vetta della montagna, potevo vedere ovunque
Una prateria colma di anime perse in fuga dai sacerdoti dell’iniquità
Dove diavolo era Elia?
Che cosa fai quando scopri che la profezia era vera

Non puoi prendere le mura di Gerico
[Se vuoi fischiare]Unisci le labbra e soffia
Andando proprio fino in cima
La verità cristallizza come gioielli nella roccia, nella roccia

Scendi Mosè – separa di nuovo le acque
Scolpisci un’altra tavola, in una pastiglia di L.S.D.
Scendi Mosè – giù nel Tennessee
Scendi Mosè – giù nella strada
Il sangue dilava la ghiaia ai nostri piedi
Scendi Mosè – giù nella fossa

Giacendo in un campo verde, delimitato da una croce
Schiantandosi su una strada del centro
Guardando negli occhi dei diamanti e delle spie e di chi è ben addentro
Chi è che sponsorizza il ghetto del crack
Chi è che insegna chi è al corrente e chi è all’oscuro

Farai meglio a prendere le mura di Gerico
Unisci le labbra e soffia
Andando proprio fino in cima
Dove la verità cristallizza come gioielli nella roccia, nella roccia

Scendi Mosè – dal nido inespugnabile dell’aquila
Devi ricavarti nuovi amici dai vecchi nemici
Scendi Mosè – giù nel Tennessee
Scendi Mosè – giù insieme con i dread
Ci sono un sacco di ragionamenti in una testa con i dread
Scendi Mosè – giù nella strada
Scendi Mosè
Scendi Mosè – dividi un altro mare
Scolpisci un’altra tavola, in una pastiglia di L.S.D.
Scendi Mosè – giù nel Tennessee
Scendi Mosè - giù nella strada
Il sangue dilava la ghiaia ai nostri piedi
Scendi Mosè – giù nella fossa
Scendi Mosè
Scendi Mosè
Scendi Mosè
Abbiamo bisogno di mangiare, dobbiamo masticarlo con i nostri denti del giudizio
Scendi Mosè


mercoledì 15 marzo 2017

Down In The Desert

Il loro suono è stato definito fin dagli inizi "Rock Desertico", e in tale misura questa canzone fin dal titolo fu emblematica, tanto più che apre proprio il loro primo disco, raccontando la storia di un uomo che tornato dal deserto non sarà più quello di prima. Qualcosa in quel viaggio lo ha influenzato, qualche cosa è successa. Forse. Il testo non lo dice, lascia solo trapelare il cambiamento del protagonista, come i suoi occhi lasciano trapelare un’inquietudine che permane fin dal suo ritorno.


Giù nel Deserto

Karl andò a Sud e si incamminò abbandonando la sua città natale
Da nessuna parte, disse, avrebbe trovato un lavoro e si sarebbe sistemato
Karl andò verso Sud come se restare dov’era significasse dissolversi
Lo impauriva, si sentiva claustrofobico e aveva bisogno d’aria

Qualcosa lo colpì, giù nel deserto
Qualcosa lo influenzò, laggiù nel deserto

Karl andò a Sud con un sospiro di sollievo
Disse che sarebbe stato felice con una qualunque cosa totalmente diversa
Karl andò a sud ma attraversò il deserto
Un’influenza messicana lo seguì fino a casa nell’autunno

Karl ritornò ma non è più lo stesso
Arrivò con grande tranquillità, nessuno fu molto sorpreso
Karl è tornato e lavora e sorride
Ma se guardi attentamente permane un che di impaurito nei suoi occhi

mercoledì 8 marzo 2017

The Candle And The Flame

Ancora da "Ragin, Full On", primo disco dei fIREHOSE (SST, 1986).




La candela e la fiamma

Dove andrai per trovare alla tua pace
Una storia o una vita?
Se abbiamo imparato come vivere
La paura non troverà spazio
Conversiamo se hai il coraggio
Di condividere un pensiero vuoto o una risata

È tutto collegato qui
La candela e la fiamma?
Non c’è ragione di pensare sia così
E ce n’è quasi altrettanta di non farlo

Sarei uno stolto ad affermare una delle due
Me lo metterei in tasca se pensassi che la riempisse
Me lo porrei nel cuore se pensassi di crederci

Conversiamo se hai il coraggio
Di condividere un pensiero vuoto o una risata

È tutto collegato qui
La candela e la fiamma?
Non c’è ragione di pensare sia così
E ce n’è quasi altrettanta di non farlo

Sarei uno stolto ad affermare una delle due
È tutto collegato qui
La candela e la fiamma?
Non c’è ragione di pensare sia così

Sarei uno stolto ad affermare una o l’altra
uno stolto ad affermare una o l’altra





mercoledì 1 marzo 2017

Stage Fright

La paura del palcoscenico. Anche chi dovrebbe essere immune dopo tante esibizioni non è detto che non ne soffra. Qui il brano di The Band descrive un caso esemplare, e ci si può chiedere se il testo fosse riferito a uno di loro in particolare. Certo che quando in “The Last Waltz” il cono aguzzo del riflettore termina proprio su Rick Danko che sta cantando “He got caught in the spotlight” il dubbio è più che giustificato, oppure è solo un momento di grande cinema. Ma la canzone era già di per sé un film, anche prima che Scorsese la esaltasse con le sue immagini.


Paura del palco

Nel profondo del cuore di un ragazzo solitario
Che ha sofferto così tanto per ciò che ha fatto,
hanno donato a questo bracciante la sua fortuna e fama
da quel giorno non è più stato lo stesso.

Vedi l’uomo con il terrore del palcoscenico
Stare lì in piedi per donare tutto il suo potere
Ed è rimasto catturato dal riflettore
Ma quando arriviamo alla fine
Vuole ricominciare tutto da capo.

Ho l’alito che sa di acquavite
E il medico mi ha avvertito che potrei ammalarmi.
Mi ha detto “puoi farlo con il tuo travestimento,
basta che non mostri mai la paura che hai negli occhi”.

Vedi l’uomo con il terrore del palcoscenico
Stare lì in piedi per donare tutto il suo potere
Ed è rimasto catturato dal riflettore
Ma quando arriviamo alla fine
Vuole ricominciare tutto da capo.

Ora se dice che ha paura
Prendilo in parola.
E in cambio del prezzo che il povero ragazzo ha pagato,
riesce a cantare proprio come un usignolo, oh, ooh ooh ooh.

Hai la fronte sudata e la bocca che si secca
Un pubblico di bella gente si sta accumulando
Il momento della verità e vicino
Ancora un incubo da sopportare

Vedi l’uomo con il terrore del palcoscenico
Stare lì in piedi per donare tutto il suo potere
Ed è rimasto catturato dal riflettore
Ma quando arriviamo alla fine
Vuole ricominciare tutto da capo.

Vuoi provarci ancora una volta
Per favore non fatelo fermare
Lasciatelo arrivare alla vetta
Lasciatelo ricominciare ancora da capo.