mercoledì 26 dicembre 2018

Sugaree

Il testo di “Sugaree” fu scritto da Robert Hunter, paroliere di Garcia, per il primo album solista del leader dei Grateful Dead. Dalle note scritte da Hunter per la riedizione di “Garcia”: “Sugaree fu scritta poco dopo il mio trasferimento dalla casa di Garcia a China Camp. La gente dà per scontato che l’idea sia presa in prestito da Sugaree di Elizabeth Cotten, ma in effetti il primo titolo fu “Stingaree”, che è il nome di una manta velenosa dei mari del sud. Perché cambiare il titolo in “Sugaree”? Pensavo semplicemente suonasse meglio così, fare portare al destinatario un nome zuccheroso lo avrebbe fatto sembrare più duro e cinico. La canzone, come l’avevo immaginata, è indirizzata a un magnaccia. E sì, conoscevo la canzone della Cotten, e in effetti presi a prestito da lei il nuovo nome, suggerito dal ritornello “Shake it”.



Quando verranno a prenderti
Quando porteranno in giro quel carro
Quando verranno a farti visita
Per trascinare giù il tuo povero corpo

Solo una cosa chiedo da te
C’è solo una cosa per me
Ti prego dimentica che conosci il mio nome
Tesoro, Sugaree

Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci
Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci

Pensavi di essere il freddo giullare
E di non potere mai sbagliare
Avevi tutto bello e risolto
Com’è che stai sveglio tutta la notte?

Solo una cosa chiedo da te
C’è solo una cosa per me
Ti prego dimentica che conosci il mio nome
Tesoro, Sugaree

Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci
Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci

Sai, nonostante tutto quel che hai guadagnato
Ti tocca sempre stare fuori sotto la pioggia battente
Un’ultima voce ti sta chiamando
E suppongo che per te sia ora di andare

Solo una cosa chiedo da te
C’è solo una cosa per me
Ti prego dimentica che conosci il mio nome
Tesoro, Sugaree

Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci
Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci

Presto, ora, Sugaree
Ti incontrerò al Giubileo
E se il Giubileo non arriva
Beh, ti incontrerò in fuga

Solo una cosa chiedo da te
C’è solo una cosa per me
Ti prego dimentica che conosci il mio nome
Tesoro, Sugaree

Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci
Presto, presto Sugaree
Non dire loro che mi conosci

mercoledì 19 dicembre 2018

Jupiter and Teardrop

Ancora una canzone dall’album “Fuzzy”.



Solo una ragazza che non sa dire di no
E il suo innamorato fuori in libertà condizionata
I suoi genitori l’hanno chiamata Jupiter
Per benedirla con un’anima fortunata

Lui è un ragazzo che non piangeva mai
Quando lo chiudevano dentro
E lo soprannominarono Teardrop
Per il tatuaggio che aveva accanto al suo occhio

Ora lei dorme nel proprio letto
E lui dorme nel letto di lei
E abbiamo Jupiter e Teardrop
E sono Giove e Lacrima

Lei fa profezie via radio
Schiacciando i pulsanti per cambiare da uno spettacolo all’altro
E si fa domande sul destino
Degli amanti nel quartiere ispanico
Dopo un po’ si dimentica
Quando va a sintonizzarsi
Su “Lonely Teardrops” di Jackie Wilson
E guida ancora per un altro miglio

Ora lei dorme nel proprio letto
E lui dorme nel letto di lei
E abbiamo Jupiter e Teardrop
E sono Giove e Lacrima

E vogliono avere un bambino
Andarsi a sposare con tutti i crismi
Ma il mondo in cui vivono è meschino
Basato completamente sul rifiuto
La telefonata è per lei
Devo vederti Jupiter
Ho dei casini con la legge
Porta la mia 38

Ora lei dorme nel proprio letto
E zittisce il telefono strappando via il cavo
Ed è Jupiter e Teardrop
Ed è Jupiter e Teardrop
Ed è Jupiter e Teardrop
Ed è Jupiter e Teardrop

mercoledì 12 dicembre 2018

Fuzzy


Fuzzy è la canzone che dà il nome dell’album di debutto dei Grant Lee Buffalo. Il titolo (confuso, annebbiato) descrive assai bene la sensazione che il protagonista condivide con l’ascoltatore, raccontando della sua sensazione di abbandono e smarrimento. Ma il "fuzz" è anche l’effetto applicato alla chitarra acustica per conferire quel tocco lancinante alla melodia ricorrente che sancisce lo scorrere del viaggio.



Portami a casa, a questo edificio dei molti giorni
Deponimi semplicemente sul pavimento, duro e freddo come ardesia
Sai che lo amo più e più di prima che scappassi via
Scatena così tanti dolori, parole dolorose e piatti rotti

Ho mentito
Ora sono confuso
Mi è stato mentito

Tutto il vasto mondo è piccolo abbastanza perché noi due
Ci incontriamo sull’interstatale, aspettando un treno
E proprio dove quei grossi bracci si sollevano, innamorarsi senza neanche il tempo di dirlo

Mi piaceva…
Ora sono confuso
Ho mentito a
Ora sono confuso
Confuso adesso

Oh oh oh
Eccoci qua, nella nostra auto che percorriamo la strada
Stiamo cercando un posto per fermarci e mangiare un boccone
Siamo affamanti di un po’ di fede per rimpiazzare la paura
Lacrimiamo come un bouquet morto, non fa bene, che ne dici cara?

Ho mentito
Ora sono confuso
Mi è stato mentito
Oh oh oh

mercoledì 5 dicembre 2018

Tapestry


“Successe praticamente che avevo iniziato un ricamo con l’ago alcuni mesi prima che facessimo l’album e avevo scritto una canzone chiamata Tapestry, senza neanche collegare le due cose nella mente. Pensavo a un altro tipo di arazzo, quello che viene appeso e viene tessuto, e scrissi quella canzone”. Così Carole King a proposito del brano che dà il titolo al suo secondo disco. Mentre la protagonista osserva l’arazzo ripensando alla propria vita, in cui le vicende e gli eventi si sono intrecciati analogamente ai molteplici colori del tessuto, la sua fantasia si perde in storie antiche, fiabesche, per poi ritornare all'arazzo contemplato, il cui disfacimento sembra coincidere con la conclusione dell’esistenza stessa.




La mia vita è stata un arazzo, di tonalità ricca e regale
Una visione imperitura di un panorama in continua evoluzione
Una magia splendidamente intessuta in parti di blu e oro
Un arazzo da sentire e da vedere, impossibile trattenerlo

Una volta, tra argentea e soffice tristezza nel cielo
Giunse un avventuriero, un girovago di passaggio
Indossava un tessuto strappato e lacero intorno alla sua pelle di cuoio
E un cappotto di molti colori, giallo, verde su ogni lato

Si muoveva un poco incerto, come se non sapesse
Il motivo per cui era lì, o dove avrebbe dovuto andare
Una volta allungò il braccio per afferrare qualcosa di dorato, che pendeva da un albero
E la sua mano ridiscese vuota

Presto all’interno del mio arazzo, lungo la strada piena di buche
Sedette su una roccia del fiume e si tramutò in rospo
Sembrava che fosse caduto sotto il malvagio incantesimo di qualcuno
E piansi a vederlo soffrire, sebbene non lo conoscessi bene

Mentre piangevo di dolore, apparve improvvisamente
Una figura, grigia e spettrale, preceduta da una barba fluente
In tempi di profonda oscurità l’ho visto vestito di nero
Ora il mio arazzo si sta disfacendo, ed è venuto a riprendermi
È venuto a riportarmi indietro



mercoledì 28 novembre 2018

Pendulum


Un altro brano da “Whiskey for the Holy Ghost” di Mark Lanegan; il protagonista canta qui lo sconforto di chi non riesce a trovare aiuto nella religione, non ha un posto né un tempo che lo possano accogliere; persino il figlio di Dio infatti ha dovuto soffrire duramente su questa terra, luogo inospitale in cui l’esistenza trascorre, scandita come dal dondolio di un pendolo.



Gesù Cristo è stato qui ed è andato
Che prezzo doloroso da pagare
Ha lasciato la sua vita in una tempesta
Lacrime freddi occhi scuri posati su di lui
Dondola pendolo, dondola lento
Non ho alcun posto che possa chiamare mio
Oh mio Signore non mi infastidire
Non potrei essere più stanco di così
Non si può essere più stanchi di così

Gesù Cristo è stato qui ed è andato
Che luogo doloroso per andarsene
Con il gelo sui rami di un albero di ciliegio
Questo freddo, freddo vento mi sta seppellendo
Dondola pendolo, dondola lento
Non ho alcun tempo che possa chiamare mio
Oh mio Signore non darmi noia
Non potrei essere più stanco di così
Non si può essere più stanchi di così




mercoledì 21 novembre 2018

Borracho


Viene pubblicato nel 1994 “Whiskey for the Holy Ghost”, il secondo album solista di Mark Lanegan da cui è tratta questa “Borracho”. Nelle liriche di brani come questo, Lanegan si immerge nelle profondità dell’esperienza umana, perennemente in bilico tra perdizione e redenzione; la battaglia tra le seduzioni del diavolo e l’anelito verso la luce. Il suo bisogno trasforma il deserto in un oceano. “Tutto l’amore del paradiso” sarà davvero la breve redenzione del protagonista? Oppure è la sensazione di sciogliere sé stesso nella dissipazione dell’alcol? Il diavolo è forse solo nella bottiglia, e al mattino si rende conto di quel che ha fatto ma è incapace di spezzare le proprie catene.



Le pene arrivano lentamente
Una luce imperitura sopraggiunge a illuminarmi tutto
Intensa nel mattino
Come se tutto l’amore del paradiso venisse a brillare su di me
E a voi che mai avete bisogno
Fottetevi, ho bisogno di più spazio per respirare

Ecco che arriva il diavolo, si aggira con fare predatorio
Un whisky per ogni spettro
E mi dispiace per quel che ho fatto
Perché sono io a sapere quanto mi costa

Spezza, e respira, e ti strappa in due
Morde e sanguina
E questo deserto si trasforma in oceano su di me

Ecco che arriva il diavolo, predatore dattorno
Un whisky per ogni spettro
E mi dispiace per quel che ho detto
Ho detto che non mi importa più

Uno stolto può alimentarsi di una credenza
Vede e crede
E questo deserto si trasforma in oceano su di me

I problemi arrivano lentamente
Una luce imperitura sopraggiunge a illuminarmi tutto
Al vicolo cieco che porta al mattino
Con tutto l’amore del cielo che viene a splendere su di me

Lo stolto che si alimenta della credenza
Vede e crede
E questo deserto si trasforma in oceano su di me

Ecco che arriva il diavolo, offre il giro
Un whisky per ogni spirito
E mi dispiace per quel che ho fatto
Signore, sono io quello che sa quanto costa

Lo stolto che si alimenta della credenza
Vede e crede
E questo deserto si trasforma in oceano su di me

Ecco che arriva il diavolo, predatore dattorno
Un whisky per ogni spettro
E mi dispiace per quel che ho detto
Ho detto che non mi importa più
Spezza e respira e ti strappa in due
Morderà, sanguinerà
Fino a che questo deserto non muterà in oceano sopra di me


mercoledì 14 novembre 2018

Autopsy


“Autopsy” è una delle due canzoni scritte da Sandy Denny che appaiono su “Unhalfbricking”, terzo album dei britannici Fairport Convention, pubblicato nel 1969. Il brano si apre e si chiude con due sezioni uguali in un mosso 5/4, intervallate da una parte più lenta, in tempo pari, in cui l’interlocutore viene esortato a reagire e prendere coscienza della realtà, abbandonando così il suo atteggiamento lamentoso. Ma quando si torna al tempo iniziale, la prima strofa viene ripetuta, segno forse che l’invito è caduto nel vuoto, e il destinatario continuerà col suo atteggiamento distruttivo.



Devi filosofeggiare
Ma perché devi annoiarmi fino alle lacrime?
Hai rosso intorno agli occhi
Mi racconti cose che nessun altro sente
Trascorri tutto il tuo tempo a piangere
Le tue ore diventano lacrime
Le ore piante diventano anni

Vieni, prestami il tuo tempo
E verrai a conoscenza della tua libertà
E quando mi guardi
Non pensare di possedere ciò che vedi
Perché ricorda, che sei libero
E questo è ciò che vuoi essere
E allora prestami il tuo tempo

Devi filosofeggiare
Ma perché devi annoiarmi fino alle lacrime?
Hai rosso intorno agli occhi
Mi racconti cose che nessun altro sente
Trascorri tutto il tuo tempo a piangere
Le tue ore diventano lacrime
Mentre i tuoi anni scorrono via in pianto




mercoledì 7 novembre 2018

Aye Co’lorado


Nel 1978, Lou Reed e Genya Ravan collaborarono sui rispettivi album solisti. Ravan contribuì cantando nei cori su “Street Hassle” e Reed canto su “Aye Co’lorado” una canzone scritta dalla Ravan su un compagno/spacciatore portoricano sul primo lato del suo “Urban Desire”.
Nel suo libro di memorie Lollipop Lounge, la Ravan scrive che quando furono presentati alle session per il disco, Lou fece una sarcastica allusione al passato della Ravan col gruppo Goldie and the Gingerbreads: la prima cosa che Lou mi disse dopo che ci avevano presentati fu “mia nonna comprava i tuoi dischi anni fa”.
Nello studio calò il silenzio. Lo guardai negli occhi e gli dissi, “Sì, almeno qualcuno nella tua famiglia aveva buon gusto in fatto di musica. A te che è successo?”
Rise, la tensione si allentò e rapidamente diventammo amici. Accettò immediatamente il fatto che lì ero io a comandare, e conducevo il gioco.
Gli diedi il testo scritto a mano di “Aye, Co’Lorado” ed entrammo nello studio A. I microfoni erano già accesi, pronti a incidere, e scorremmo la canzone sulla traccia di base. Fu grandioso!
“Okay”, disse Lou. “Penso di esserci ora”. Sorrisi. Gli avevo fatto credere che stavamo solo provando, ma in effetti avevo fatto segno al tecnico di fare andare il nastro. L’avevo ingannato deliberatamente, cosa che facevo spesso con i cantanti quando volevo ottenere un feeling “Live”…
Lasciai che Lou registrasse altre tre tracce della canzone, per rispettare la sua volontà, ma come avevo pensato suonavano tutte un po’ fredde dopo la prima, mancavano di quel vero feeling. La prima traccia fu quella che usammo. Anche lui fu d’accordo con me dopo aver sentito tutte le tracce eseguite.

(testo tratto da Dangerous Minds)



Sono così stanca del tuo mentire
Per cercare di dipingere una bella immagine, ragazzo
È davvero imbarazzante per me
Hey, lo so che sei un pezzo grosso
Dall’angolo della città
Proprio un fighissimo portoricano sulla scena

Mi svuoterei qui sul tavolo
Se per una volta fossi in grado
Di tirarlo su sul tetto e semplicemente fare
Ma mi faccio sempre rovinare
Dall’uomo che chiamo il mio migliore amico
Che incontro sotto la terza Avenue

Ti dico, oh Co’lorado, Co’lorado
Sì, Co’lorado, bandito dell’Hell’s Kitchen*

Ti alzi ogni mattina
Con il sudore che ti cola addosso
Mentre fissi con lo sguardo la tua nuova pistola usata che brilla
Hey, ti ho beccato nel salone
Perché sai che fa strillare le ragazze
Lungo il tuo braccio un tatuaggio con scritto “Mamma”

Hey, sono io a essere rifiutato
Perché hai perfezionato il tuo modo si squagliartela
Sì sono un Portoricano, e sto diventando cattivo
So che è la mia mente perversa
A darti l’impressione che valga la pena questa routine
Quello sguardo ondeggiante così cercherò di mantenere tutto a posto
       
Ti dico, oh Co’lorado, Co’lorado
Sì, Co’lorado, bandito dell’Hell’s Kitchen
Hey ti beccherò giù per Rivington e Ridge
Va bene
Aspetterò qui finché non cambierai


*quartiere di Manhattan

mercoledì 31 ottobre 2018

Eight Miles High


“Eight Miles High” è una canzone dei Byrds composta da Gene Clark, Roger McGuinn e David Crosby pubblicata per la prima volta come singolo nel 1966. Influenzata musicalmente da Ravi Shankar e John Coltrane, nel testo si ispira principalmente al viaggio compiuto dal gruppo a Londra nell’anno precedente per il loro tour britannico, come suggerito dai versi di apertura: "Eight miles high and when you touch down, you'll find that it's stranger than known." 
Stando a Clark, le parole furono principalmente scritte da lui, con un piccolo contributo di Crosby, “Rain grey town known for its sound” riferito alla capitale inglese e alla “British Invasion” che all’epoca dominava le classifiche negli Stati Uniti. Altre parti si riferiscono alle reazioni della stampa e all’accoglienza nel Regno Unito, descrivendo i fan in attesa della band che viaggia su automobili con autista. 
La canzone fu bandita dalle radio, perché nel testo potevano anche essere scorte correlazioni all’uso di droga, che sebbene inizialmente negate, furono poi ammesse dagli autori. Clark stesso spiegò in un’intervista che gli argomenti erano molteplici: il viaggio in aereo per l’Inghilterra, l’LSD, e altro. Un testo poetico non deve essere limitatamente descrittivo, le droghe entravano a far parte delle canzoni perché allora era molto comune sperimentare e gli influssi erano inevitabili.





Otto miglia di altitudine, e quando tocchi il suolo
Scoprirai che è più strano di quanto è noto
Segnali per strada che dicono dove stai andando
Sono da qualche parte, semplicemente per sé stessi

Da nessuna parte è possibile trovare calore
Tra coloro preoccupati di perdere il proprio terreno
Città grigia di pioggia, nota per il suo suono
In posti, piccole facce senza vincoli

Intorno alle piazze, raggruppati in tempeste
Alcuni ridono, alcuni sono solo figure senza forma
Scene di marciapiede e nere limousine
Alcuni vivono, alcuni stanno da soli

mercoledì 24 ottobre 2018

See No Evil


The three wise monkeys are a pictorial maxim, embodying the proverbial principle "see no evil, hear no evil, speak no evil".

Brano di apertura di “Marquee Moon” (1977) il primo disco dei Television.



Ciò che voglio
Lo voglio adesso
Ed è molto molto di più
Che “in un modo o nell’altro”
Voglio fare volare una fontana
Voglio salta-salta-saltare
Saltare una montagna

Io comprendo tutti (non vedo)
Gli impulsi distruttivi (non vedo)
Sembra così perfetto (non vedo)
Non vedo, non vedo il male

Mi vengono idee
Mi viene un desiderio
Voglio una bella barchetta
Fatta d’oceano
Capisco che cosa intendi
Sei così scaltro
A ottenere buone reazioni
Con il tuo “cattivo” linguaggio

Io comprendo tutti (non vedo)
Gli impulsi distruttivi (non vedo)
Sembra così perfetto (non vedo)
Non vedo, non vedo il male

Non dire inconsapevole
Non dire sorte avversa
Bene, se lo devi proprio dire
Oh, lascia che io abbandoni questa stanza
Perché ciò che voglio
Lo voglio adesso
Ed è molto molto di più
Che “in un modo o nell’altro”, capisci?

Io comprendo tutti (non vedo)
Gli impulsi distruttivi (non vedo)
Sembra così perfetto (non vedo)
Non vedo, non vedo il male

Sto correndo all’impazzata con colei che amo (non vedo il male)
Sto impazzendo con colei che amo (non vedo il male)
Come potresti farlo con colei che amo (non vedo il male)
Gettare via i sentimenti di colei che ami (non vedo il male)

fare tardi nei bar con  colei che ami (non vedo il male)
demolire il futuro con  colei che ami (non vedo il male)
demolire il futuro con  colei che ami (non vedo il male)
demolire il futuro con  colei che ami (non vedo il male)
demolire il futuro con  colei che ami (non vedo il male)


mercoledì 17 ottobre 2018

Lorca


Il nome del poeta Federico Garcia Lorca ispira il titolo del quinto album di Tim Buckley, pubblicato nel 1970.  È il primo dei dischi avanguardistici del cantante, il quale tenta di allontanarsi dagli stili di composizione musicale più tradizionali, e predominanti nella musica pop, che aveva percorso nelle prime parti della carriera.
Anche i testi di “Lorca” rappresentano un distacco dalla precedente scrittura folk, perseguendo uno stile più astratto che descrittivo, che evita narrative dirette e temi standard. In tale approccio si riflette l’influenza della poesia, tra cui le opere del poeta spagnolo alla cui lettura Buckley e il chitarrista Lee Underwood si erano dedicati in quel periodo.



Lascia che il sole canti nel tuo sorriso
Lascia che il vento abbracci il tuo desiderio
Lascia scorrere la voce della tua donna attraverso le tue vene
Lascia che lei sia il tuo sangue, non averne vergogna

Lei è la tua casa quando nessuno ti vuole
Ti darà vita quando sei così stanco
Allevierà le tue paure quando sei un estraneo
È nata per darti fede
Oh, solo a te

Tu sei solo un uomo sulle strade della morte
È alla vita che sei debitore sei qui per lodarla
Se l’amore scorre sulla tua strada allora sii un fiume
E quando si prosciuga allora resta lì e rabbrividisci

Oh, Lascia che il sole canti nel tuo sorriso
Lascia che il vento abbracci il tuo desiderio
Lascia scorrere la voce della tua donna attraverso le tue vene
Lascia che lei sia il tuo sangue, non averne vergogna
È alla sua vita che sei debitore
Ti devo amore


mercoledì 10 ottobre 2018

Once I Was


“Once I Was” appare sul secondo album di Tim Buckley (“Goodbye and Hallo), pubblicato nel 1967, e come altre canzoni del disco è composta insieme con Larry Beckett.



Una volta fui un soldato
E combattei su sabbie straniere per te
Una volta fui un cacciatore
E portavo a casa carne fresca per te
Una volta fui un amante
E ti cercai dietro ai tuoi occhi
E presto ce ne sarà un altro
A raccontarti che io ero solo una menzogna

E qualche volta mi chiedo
Solo per un momento
Ti ricorderai mai di me

E sebbene tu abbia dimenticato
Tutti i nostri stupidi sogni
Mi ritrovo a cercare
Attraverso le ceneri delle nostre rovine
I giorni in cui sorridevamo
E le ore che correvano all'impazzata
Con la magia dei nostri occhi
E il silenzio delle nostre parole

E qualche volta mi chiedo
Solo per un momento
Ti ricorderai mai di me
Mai di me


giovedì 4 ottobre 2018

Rise


La più famosa canzone dei PiL aveva originariamente come sottotitolo “South African Song” ‎perché il testo traeva spunto dall'oppressione della maggioranza nera nel Sudafrica dell’apartheid ‎per trasferirsi poi alla realtà quotidiana nel Regno Unito dell’epoca.
La canzone Rise, estratta come singolo dall'album nel 1986, fu scritta da Lydon in un primo abbozzo già ai tempi dei Sex Pistols:
John Lydon (1986): “Lessi questo manuale sulle tecniche degli interrogatori in Sud Africa, e Rise proviene da una delle vittime. Misi insieme le cose perché pensai si sposassero bene con le mie sensazioni sulla vita quotidiana”. 



Potrei sbagliare
Potrei avere ragione
Potrei sbagliarmi

Potrei avere torto
Potrei avere ragione
Potrei essere nero
Potrei essere bianco
Potrei essere nel giusto
Potrei avere torto
Potrei essere bianco
Potrei essere nero

Il tuo tempo è arrivato
La tua seconda pelle
Il prezzo è così alto
E si ottiene così poco
Camminare attraverso la valle
La parola scritta è una menzogna

Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te

Potrei avere torto
Potrei avere ragione
Potrei avere torto
Potrei avere ragione

Potrei avere torto
Potrei avere ragione
Potrei avere torto
Potrei avere ragione

Potrei essere nero
Potrei essere bianco
Potrei avere ragione
Potrei avere torto
Potrei essere nero
Potrei essere bianco

Mi collegarono un cavo incandescente alla testa
A causa di ciò che avevo fatto e detto
Hanno mandato via questi sentimenti
Cittadino modello in un modo o in un altro

Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te
 
La rabbia è un’energia
La rabbia è un’energia
La rabbia è un’energia
‎ 
Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te

La rabbia è un’energia
La rabbia è un’energia
La rabbia è un’energia


Potrei avere torto
Potrei avere ragione
Potrei avere torto
Potrei avere ragione

Potrei essere nero
Potrei essere bianco
Potrei avere ragione
Potrei avere torto
Potrei essere nero
Potrei essere bianco
Il tuo tempo è arrivato
La tua seconda pelle
Il prezzo è così alto
E si ottiene così poco
Camminare attraverso la valle
La parola scritta è una menzogna

Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te
Possa la strada innalzarsi con te

La rabbia è un’energia
La rabbia è un’energia
La rabbia è un’energia

‎ 


mercoledì 26 settembre 2018

There Is A Ghost


Ancora dal disco “Before The Poison” di Marianne Faithfull, questo brano fa parte di quelli originati dalla sua collaborazione con Nick Cave.



C’è uno spettro
E si sposta là fuori
Sulla terra
Sulla terra

È sollevato
Sente e scorre
Su molteplici mani
Su molteplici mani

Oh mio amante
Oh mio amante
Mai c’è ne fu un altro
Dove è andato il mio amante

C’è un sogno
Che hai già avuto prima
E dimenticato tante volte
Così tante volte

Quando ti ricordi chi sono
Chiama e basta
Quando ti ricordi chi sono
Chiama semplicemente

C’è un albero
Ma le sue foglie sono via
Per cui sembra
Ergersi solitario

Oh mio amante
Oh mio amante
Ne troverò un altro
Dove è andato il mio amante

Via, via
Attraversando la terra
Attraversando la terra
Attraversando la terra
Attraversando la terra


giovedì 20 settembre 2018

Before The Poison


“Before The Poison” è un album pubblicato da Marianne Faithfull nel 2005 e realizzato con un importante contributo di altri musicisti, soprattutto Nick Cave, P. J. Harvey. Quest’ultima è coautrice anche della canzone che dà il titolo al disco.



Prima del veleno, non ero giù
Se tu fossi stato qui, se tu fossi stato presente
Non potevo sentire, non sentivo alcun suono
Stavo fluttuando sopra al suolo

Prima del veleno, avevo perduto la mia paura
Forse addirittura troppo felice per curarmene
Sicura nel mio sogno, non potevo vedere la nebbia
Arrivare, arrivare dal nulla, per chiamare il mio nome

Non c’è altro da dire, niente che mi succeda
Non tu, non io, non più, come può essere?
Nessun posto dove scappare via dal nulla, veleno
Percepiscono la fine, che cosa è rimasto per te, amico mio?

Prima del veleno, ridevo forte
Vedevo sempre il tuo volto tra la gente
Ma parla dolcemente senza paura
Tieni duro…


mercoledì 12 settembre 2018

Love Too Soon


Dall’album di Pascal Comelade del 1998 “L’Argot Du Bruit”, una canzone scritta in collaborazione con P. J. Harvey e cantata da quest’ultima.



Ho amato
Nella mia vita
Da bambino
Spesso piangevo

E l’amore troppo presto
Può affievolirsi
L’amore troppo presto
Può estinguersi

Nella luce
Solare del giorno
Posso vedere
Il tuo volto cambiare

E l’amore troppo presto
Si affievolisce
L’amore troppo presto
Può estinguersi

E vedere questo terribile crimine
Mi spezza il cuore
In brandelli

E l’amore troppo presto
Può affievolirsi
L’amore troppo presto
Può estinguersi

Quanto falso il cuore
Quanto falso il giorno
Quando giurasti il tuo amore
I rami ora marciscono

E l’amore troppo presto
Può affievolirsi
L’amore troppo presto
Può estinguersi


mercoledì 5 settembre 2018

At Home He's A Tourist


Da "Entertainment" (1979). I “Gang of Four” generarono ciò che fu definito da loro stessi “la perfetta burrasca esistenziale”. “Nessun assemblaggio o confezionamento con pro-tools, solo le corde che vengono colpite e urlano di dolore mentre sono picchiate e persuase in un meraviglioso anti-assolo che parla solo di “ora” e non di “forse”, disse il cantante della band, Jon King, nel 2009. “Pensavamo che questa canzone fosse la mutazione di un pezzo disco, in un periodo in cui era disdicevole che ti piacesse la musica da ballo, quando funk e rock dovevano essere tenuti in stanze diverse per paura di un matrimonio misto”. Nei decenni a seguire, i Gang of Four influenzarono innumerevoli band con il loro sound preveggente.



A casa si sente come un turista
A casa propria si sente un turista
Si riempie la testa di cultura
Si fa venire un’ulcera
Si riempie la testa di cultura
Si fa venire un’ulcera

Sulla pista da ballo della discoteca
Ricavano i loro profitti
Dalle cose che vendono
Per aiutarti a coprirti
E i preservativi che nascondi
Nel taschino della giacca

A casa lei cerca degli interessi
A casa lei cerca degli interessi
Lei dice che era ambiziosa
Così accetta il processo
Lei dice che era ambiziosa
Così accetta il processo

Sulla pista da ballo della discoteca
Ricavano i loro profitti
Dalle cose che vendono
Per aiutarti a rimediare sesso
E i preservativi che nascondi
Nel taschino della giacca

Due passi Avanti
(Sei passi indietro)
(Sei passi indietro)
(Sei passi indietro)
(Sei passi indietro)

Piccoli passi per lui
(Un grande salto per me)
(Un grande salto per me)
(Un grande salto per me)
(Un grande salto per me)

Due passi Avanti
(Sei passi indietro)
(Sei passi indietro)
(Sei passi indietro)
(Sei passi indietro)

Piccoli passi per lui
(Un grande salto per me)
(Un grande salto per me)
(Un grande salto per me)
(Un grande salto per me)

A casa si sente una turista
A casa si sente una turista
Si riempie la testa di cultura
Si fa venire un’ulcera
Perché rendersi così ansiosi?
Ti fai venire un’ulcera

Compositori: Andrew Gill / David Allen / Hugo Burnham / Jonathan King


martedì 28 agosto 2018

A Life Of Sundays


Il testo è gioioso e ricco di entusiasmo, celebrato dalla musica con un crescendo di suoni estemporanei e timbri di vari colori. Così descrive questa eclettica canzone, pubblicata su “Room to Roam”,  il suo autore Mike Scott:  “A Life Of Sundays” contiene rock’n’roll, blues (l’antifona di Noel Bridgeman ‘Same Thing’ nella terza strofa), soul (il sax baritono di Thistlewaite), musica africana (congas e kalimba nella quarta strofa), psichedelia (il selvaggio assolo di flauto suonato da Blakey attraverso il wah wah), punk o glam (il riff di Johnny Thunders su cui è basato l’assolo di chitarra), letteratura irlandese (un estratto da una lettura di Liam O’Flaherty dal suo libro del 1931 The Ecstacy Of Angus), e tradizione (l’allegro reel scozzese in chiusura).



Afferrami!
Prima che io vada sotto
Ascoltami!
Prima che io affoghi
Affina!
La tua capacità di meravigliarti
Ascolta!
Quello che ho trovato

Eccoci qui di nuovo
Due vecchi amanti
Due vecchi amici
Proprio quando hai bisogno di loro

Un diavolo mi stava alle calcagna
In qualche modo so come sconfiggerlo
Da quando mi sono imbattuto in te

Mi hai insegnato amore e dolore
E l’oscuro Re d’Irlanda
Dice la stessa cosa
Ovunque tu lo trovi

(per l’intero vasto mondo)

La stessa cosa, dalla stessa vecchia causa
La stessa cosa – non so definirla
È la stessa cosa e lo è sempre stata

Mi colpisce in un modo triste e strano
L’unica cosa che resta sempre uguale
È il cambiamento…

E sognai di vagare
Imprevedibile come un’onda irrequieta
Estendendomi da qui a laggiù
Salvato nel modo più grandioso

Sogno e vita intrecciati
Il vecchio giorno si incrina e si sgretola
Ed è bello
Essere in tua compagnia
Divertente!
Far parte del tuo giorno
Un miracolo!
Già solo essere con te
Felice!
Di percorrere il tuo cammino

Questo svolgersi degli eventi
Fu progettata e disegnata da mani mortali?
Mai in una vita di domeniche
Mi sarei mai visto qui


giovedì 23 agosto 2018

Stranded


“Stranded” è la prima canzone pubblicata dal gruppo The Saints, precursori australiani del punk. Vide la luce nel settembre del 1976, ed è stata definita come “uno dei singoli più rappresentativi di un’era”, anticipando i debutti su vinile di gruppi contemporanei quali Sex Pistols, Buzzcocks, The Damned e The Clash, in anticipo sul movimento incombente di cui tali band furono i più autorevoli rappresentanti.



Come un serpente che chiama al telefono
Non ho tempo per essere solo
Tutte le volte c’è qualcuno che mi si avventa
Sì credo che impazzirò

Perché sono abbandonato a me stesso
Arenato lontano da casa,

Sono in corsa sul treno di mezzanotte
E tutti hanno esattamente lo stesso aspetto
La luce di una metropolitana è un riflesso sporco
Sono perso, bimba, non ho alcuna direzione

E sono abbandonato a me stesso
Arenato lontano da casa

Abbandonato, sì sono per conto mio
Abbandonato, così lontano da casa
Abbandonato devi lasciarmi da solo
Perché sono abbandonato a me stesso
Arenato lontano da casa

Guarda me che ti sto guardando
Non c’è una singola cosa che io possa fare
Sei perduta, la mente è bloccata in un turbine
Sì, tesoro, una ragazza così stupida

Ora sono arenato, per conto mio
Arenato lontano da casa
Devi lasciarmi solo

Vivendo in un pazzo mondo
Tagliano via un po’ di cuore e un po’ di cervello
Riempiendo il vuoto con sporcizia
Sì, tesoro non sai quanto fa male

Essere abbandonati da soli
Incagliati lontano da casa



martedì 14 agosto 2018

Amsterdam


Amsterdam è una semplice e breve canzone che riesce a dire molto in pochi versi. La trama è molto diretta: il protagonista ama una donna, lei va ad Amsterdam, quando ritorna è cambiata. La canzone ha un tono convincente seppur minimalista, e riflette su come si possa rinunciare all’amata preferendo la felicità di lei alla propria. Il cantato è accurato ed emozionale, l’arrangiamento semplice si adatta perfettamente all’atmosfera del brano, l’abile raddoppio della voce nel ritornello fornisce dinamismo senza bisogno di ricorrere a cliché.




È tornata da Amsterdam
E penso che il viaggio le abbia fatto bene
Il suo volto ha perso il proprio tocco
I segni che raccontano la solitudine racchiusa

Ma continuo ad amarla
E ancora ho bisogno della sua compagnia
Scendi, scendi
Scendi ancora una volta
E penso che il viaggio le abbia fatto bene

Dice che si è innamorata
Di uomini che sapevano come va trattata una signora
La sua vita si è adattata alle cose migliori
Che io non potevo darle

E non è colpa sua
Non va biasimata
Scendi, scendi
Scendi ancora una volta
E penso che il viaggio le abbia fatto bene
Sì, penso che il viaggio le abbia fatto bene


mercoledì 8 agosto 2018

Cordoba


Da “Wrong Way Up”, collaborazione del 1990 tra Brian Eno e John Cale, questa canzone si dipana misteriosa e inquietante allo stesso tempo, quasi minacciosa; un senso di attesa si sviluppa lentamente, attesa di un evento che forse non si verificherà. Vari elementi si presentano e si sommano in una sequenza quasi cinematica, fortemente visiva come spesso avviene nella scrittura di Cale.
Secondo quanto riferito dai due musicisti, “Cordoba” trasse ispirazione dalla lettura di un manuale Hugo: “Latin-American Spanish In Three Months”. Il libro riportava brevi frasi inglesi: The man was sleeping under the tree. He wrote to me from Cordoba. He put the suitcase under the bed. The elevator stopped between the two floors. Le frasi, disposte in serie, divennero un racconto misterioso. Chi è il cordovano? Perché l’ascensore si ferma tra i piani? Che cosa c’è sotto al letto? Veniva suggerito uno scenario di amanti terroristi all’oscuro delle reciproche identità, che pianificano di mettere una bomba su un autobus. 
Cale conferì ai versi un fraseggio lento e come spiritato “il modo in cui canta è una strana combinazione – sinistro e tenero allo stesso tempo”. Egli appare sbigottito dai dettagli mano a mano che li declama, come se stesse improvvisamente ricordando frammenti di un sogno.





Un uomo stava dormendo sotto a un albero
Lui mi scrisse da Cordova
Dopo il teatro, andammo a casa sua
È un cordovano molto generoso

Attendemmo alla porta, ma non arrivò
Stando a quanto dice suo padre, è molto malato

C’era una lunga fila di auto di fronte a me
Venni appena potei
Me ne andai senza pagare, con una valigia sotto braccio
Non ti vedrò fino a Domenica
Verrò appena potrò

Ti incontrerò da solo nel negozio di scarpe vicino al panificio
Presso la casa a due piani, carinissima, come una villa

L’ascensore si ferma tra due piani
Tu cominci a camminare verso la stazione
Io cammino verso l’autobus
Dovremo aspettare alla stazione
Lasciare il pacchetto sul piano superiore del bus

Tu cominci a camminare verso la stazione
Io cammino verso l’autobus
Tu cammini verso la stazione

mercoledì 1 agosto 2018

Golden Brown


La band affermò che le parole della canzone erano simili a un test di Rorschach sonoro e che le persone ci sentivano solo quello che volevano sentirci, sebbene tale affermazione non abbia impedito accuse insistenti di allusioni all’eroina.
Un testo comunque controverso. Nel suo libro “The Stranglers Song By Song” (2001) Hugh Cornwell dichiara che “Golden Brown” agisce su due piani. Parla di droga e anche di una ragazza. Fondamentalmente descrive come “entrambe mi fornirono momenti piacevoli”.





Castano dorato con la consistenza del sole
Mi distende, coi miei pensieri lei corre
Attraverso la notte
Non c’è alcun bisogno di lottare
Mai una preoccupazione col suo castano dorato

Ogni volta proprio come l’ultima
Sulla sua nave, legato all’albero
Verso terre lontane
Mi prende entrambe le mani
Mai un broncio col castano dorato

Castano dorato, più sottile tentatrice
Attraverso le epoche è diretta a ovest
Da molto lontano
Rimane per un giorno
Mai un cipiglio col castano dorato





giovedì 26 luglio 2018

The Star and the Sea


“Room to Roam”, pubblicato nel 1988, è un album eterogeneo, in cui Mike Scott conduce i suoi colleghi, e a volte si fa condurre da essi, in vasti territori musicali, spaziando tra vari generi. Il disco comprende molti brani, a volte cortissimi, come questo “The Star and the Sea”, che nella sua brevità e concisione – ma anche nella sua efficacia poetica - ricorda gli Haiku giapponesi.



Che cosa c’è tra la stella e il mare?
Un uccello così radioso, come può esserlo un uccello
Che cosa c’è tra l’uccello e me?
Solo una stella, solo il mare
Solo una stella, solo il mare


giovedì 19 luglio 2018

I Know You Rider


"I Know You Rider" (conosciuta anche come "Woman Blues" e "I Know My Rider") è una canzone blues tradizionale che è stata adattata da numerosi artisti, negli anni sessanta in particolare da Grateful Dead, Hot Tuna, Janis Joplin. Nel 1934 apparve nel libro “American Ballads and Folk Songs”, a cura della coppia di musicologi costituita da John Lomax e suo figlio Alan. Il libro riporta che gli autori ascoltarono “Una ragazza diciottenne, in prigione per omicidio che cantava la prima strofa di questa canzone” I Lomax poi aggiunsero una serie di versi provenienti da altre fonti, denominandola "Woman Blue". La versione, qui tradotta, di Judy Roderick è più fedele all'originale punto di vista femminile.





Ti conosco cavaliere, ti mancherò quando sarò partita
Lo so rider che ti mancherò quando non ci sarò più
Ti mancherà la tua amante che si rotola fra le tue braccia

Amarti caro è facile come cadere da un tronco

Amarti è facile come cadere da un tronco
Voglio essere la tua donna ma non sarò il tuo cane


L’altra notte mi coricai, Signore, non potevo prendere sonno
L’altra notte mi coricai, non riuscivo a riposare
La mia mente vagava come le oche selvagge all’Occidente

Il sole brillerà alla mia porta un giorno
Il sole brillerà alla mia porta un giorno
Il vento di marzo spazzerà via tutti i miei problemi

Vorrei essere il fanale di testa, su un treno diretto a Nord
Vorrei essere il fanale di testa, su un treno diretto a Nord
Farei splendere la mia luce attraverso la fredda pioggia del Colorado

Ti conosco rider, ti mancherò quando sarò partita
Lo so rider che ti mancherò quando non ci sarò più
Ti mancherà la tua piccola che si rotola fra le tue braccia


mercoledì 11 luglio 2018

Stranger's Room


Ancora dal primo disco – omonimo - di David Crosby e Graham Nash,  questa volta una canzone del musicista britannico. Anche questa, come “The Wall Song” – dipinge una situazione di sconforto e di disagio, descritta qui in prima persona.



I miei occhi erano pieni di mattino
E la mia bocca era piena di notte
Ero nella stanza di una persona sconosciuta
E non riuscivo a trovare la luce
Mi alzai per usare un bagno differente
Da quello di prima
E cos’è quello da cui scappo e che cos’è quello verso cui corro

Dove vado da qui? Aiutami
Vorrei tanto scomparire e andare via
Dal sapere
Che mi conosci da fin troppo tempo
Quando troverò una differente melodia
suppongo che canterò una canzone differente

Dove vado da qui? Aiutami
Vorrei tanto scomparire e scappare dal mattino
Perché i miei occhi sono colmi di fuga
Sono in una stanza sconosciuta
E ancora non riesco a trovare la luce



martedì 3 luglio 2018

Me And My Uncle


"Me and My Uncle", è una canzone composta da John Phillips dei Mamas and Papas, resa popolare da molte versioni, tra cui quelle di Judy Collins e dei Grateful Dead, che ne fecero un classico dei loro concerti. Racconta di un viaggio del narratore con il proprio zio dal Colorado verso il Texas, ed è colma di motivi ricorrenti del filone Western, come la rissa da bar, il gioco d’azzardo, accuse di baro, sparatorie, oro e morte. Il finale è volutamente ambiguo, non specifica se lo zio muore per una ferita riportata nello scontro a fuoco o viene ucciso per avidità dallo stesso nipote, ma lascia comunque propendere per quest’ultima possibilità, dato il tono della narrazione.



Io e mio zio cavalcavamo, giù
Per il Colorado del sud, diretti al Texas occidentale
Facemmo tappa a Santa Fe
Quel giorno in sella, eravamo solo circa a metà strada
E sai, era il momento più caldo della giornata

Io portai i cavalli alla stalla
Andai alla taverna, ordinai da bere per tutti
Tre giorni a cavallo, il corpo mi doleva
Essendo estate, mi tolsi la camicia
E cercai di lavare via un po’ di polvere

Tutto intorno c’erano cowboys del Texas
Che buttavano giù liquore di grano e soldi
Appena passato il giorno di paga, nessuno sembrava vergognarsi
Conoscete mio zio, cominciò il solito gioco
Chi pesca la carta più alta vince e si prende la mano

Mio zio comincia a vincere, i cowboys iniziano a irritarsi
Uno di loro lo accusa, poi altri due
Lo chiamano baro, oh no impossibile,
Conosco mio zio ed è tanto onesto quanto me
E io sono onesto come può esserlo un giocatore d’azzardo

Uno di loro fece per estrarre,
e io lo abbattei, non fece in tempo a vedermi,
ne tirai giù un altro, lo stesi a terra,
nella confusione mio zio afferrò l’oro,
e ce la squagliammo giù verso il Messico.

Ora, amo quei cowboy, amo il loro oro
Amo mio zio, pace all’anima sua,
Mi ha insegnato bene, Signore, mi ha insegnato tutto quel che so,
Mi ha insegnato così bene, che ho afferrato quell’oro
E ho abbandonato la sua carogna sul ciglio della strada