In tedesco "übersetzen" è tradurre, ma anche traghettare; questa "strana barca" vuole quindi trasportare parole da una sponda all'altra di lingue diverse, sperando che non risentano troppo della traversata.
"Don't Bang the Drum" è una canzone del
gruppo “The Waterboys”, pubblicata come traccia di apertura del loro terzo
album in studio “This Is the Sea” del 1995. Fu
scritta da Mike Scott e Karl Wallinger.
Bene, eccoci qui in un posto speciale
Che cosa intendi fare qui?
Ora che stiamo in un posto speciale
Che cosa farai qui?
Che messa in scena dell’anima otterremo da te?
Potrebbe essere Salvezza, o Storia
Sotto questi cieli così azzurri
Potrebbe essere qualcosa di vero
Ma se ti conosco, batterai la grancassa
Al modo delle scimmie
Eccoci qua, in un posto favoloso
Che cosa sognerai qui?
Stiamo qui in questo posto favoloso
Che reciterai qui?
So che ami la bella vita, ami balzare qua e là
Ti piace batterti il petto ed emettere il tuo
suono
Ma non qui – amico – questo è terreno consacrato
Con un flusso di Potere che lo attraversa
E se ti conosco, farai un gran baccano
Al modo delle scimmie
Eccoci qui, ci ergiamo su una costa rocciosa
Tuo padre fu qui prima di te
Posso vedere il suo spirito che ti esplora
Posso percepire il mare che ti implora
Di non passare oltre
Di non tirare dritto
E di non tentare
Semplicemente lasciare che arrivi
“Easter” è una canzone del gruppo inglese Marillion,
contenuta nell'album Seasons End del 1989, che divenne un successo nella Top 40
britannica quando fu pubblicata come singolo nel 1990. La canzone è stata
scritta dal cantante Steve Hogarth prima di unirsi alla band nel 1989 ed è
stata ispirata dai conflitti in Irlanda del Nord. Il titolo fa riferimento al
componimento Easter 1916 di William Butler Yeats.
Il grigio e il verde insieme
Il rumore di una macchina agricola lontana
Dalla prima luce è uscito
Una collana di siepi e alberi a brandelli
Sul lato meridionale della collina
Traccia il punto in cui il confine corre tra
Dove cadde il figlio di Mary Dunoon
Pasqua di nuovo qui, un tempo in cui i ciechi possono vedere
Pasqua, sicuramente ora tutti i vostri cuori
possono essere liberi
Fuori dal porto di Liverpool
diretto verso l'Irlanda del Nord
Il rumore degli spruzzi e delle onde di equiseto
Il rollio del mare sottostante
E Pasqua di nuovo qui, un tempo in cui i ciechi possono vedere
Pasqua, sicuramente adesso tutti i vostri cuori
possono essere liberi
La canzone è un successo popolare degli anni Venti,
la cui melodia è stata composta da Walter Jurmann. Il testo è di Fritz Rotter. Riproposta
innumerevoli volte, la versione forse più nota fu eseguita dal sestetto tedesco
Comedian Harmonists nel 1930, che aggiunse passaggi propri, come un cambio di
tonalità, un assolo di basso alla fine o espedienti vocali.
In diverse comunità degli Stati Uniti, quest’anno, intere
città e contee stanno partecipando all’evento “Big Read”, e in tali occasioni
capita che vengano lette poesie di Emily Dickinson. Qui dove io vivo, Sonoma
County, California, il mese di Marzo quest’anno è dedicato proprio a Emily
Dickinson.
L’autrice scrisse questi versi nella sua poesia catalogata al numero 478:
I had no time to
Hate -Per l’Odio non avevo tempo
Because Perché
The Grave would hinder Me -La Tomba mi era d’impaccio –
And Life was not so E la Vita non era tanto
Ample I Ampia da poter
Could finish - Enmity - Portare a termine – l’Inimicizia –
Nor had I time to Love -Neanche per l’Amore avevo tempo –
But sinceMa dato che
Some Industry must be -In qualcosa bisogna pur Industriarsi –
The little Toil of Love -La piccola Fatica dell’Amore –
I thought -M’è parsa
Be large enough for Me – Abbastanza grande per Me –
(traduzione di Riccardo Duranti)
Ain’t no time to hate. Barely time to wait. And, where does
the time go, anyway?
Non ho tempo per odiare. A malapena ho tempo di aspettare.
E, in ogni modo, dove va il tempo?
“Uncle John’s Band” è una di quelle composizioni a firma Robert
Hunter / Jerry Garcia che comprendono uno spazio sufficientemene grande da considerare
l’universo, e le nostre vite nell’universo – o meglio sembra essere un universo
essa stessa. Dai versi di apertura, che possono agire sia da avvertimento sia
da incoraggiamento, fino al suo gentile invito “vieni con me”, la canzone
risuona nelle nostre vite con una certa continuità, se lo vogliamo.
Hunter il cantastorie può anche essere Hunter l’aforista—colui
che crea brillanti frasette a doppio
taglio che ci aiutano e ci perseguitano mentre attraversiamo le nostre vite
barcollando. Come accade in Shakespeare, le sue frasi possono essere facilmente estrapolate dal loro contesto e usate come motti o ammonimenti; rassicurazioni o affermazioni
ardite, a seconda delle necessità di un dato momento. Forse avete provato l’esperienza
di sentire un verso di Hunter in un modo nuovo, in una forma calzante a quel
particolare momento o evento nella vostra vita. A me è successo molte volte –
un verso improvvisamente mi salta addosso e mi angoscia, o mi abbraccia, o mi
stupisce in un modo nuovo.
“Uncle John’s Band” è uno di quei testi completamente aperti
che hanno offerto molte interpretazioni (inclusa una meravigliosamente faceta
dello stesso Hunter – qualcosa riguardante formiche da circo ammaestrate, mi
pare di ricordare …). Uno dei momenti di
maggior fierezza come chiosatore di testi dei Grateful Dead fu quando ricevetti
una e-mail da Hunter che mi diceva di come fossi assolutamente nel giusto nella
direzione scelta per le mie note ad “Uncle John’s Band.” Fu quando stavo
esplorando le possibili origini della canzone nell’opera e nei componenti dei New
Lost City Ramblers, la meravigliosa band d’altri tempi di cui facevano parte
Mike Seeger, John Cohen, e Tom Paley. “Uncle John” era un soprannome di Cohen, e
Hunter e Garcia erano ambedue ammiratori che videro la band suonare diverse
volte.
Blair Jackson una volta scrisse qualcosa sull’impressione
che “Uncle John’s Band” è la canzone. Ho pensato molto a tale affermazione nel
corso degli anni, e penso di sapere che cosa intendeva. Quando i Dead la suonavano, la folla giungeva a una coesione incredibile. Eravamo dentro a quella band:
stavamo arrivando per ascoltare la band di Uncle John sulla riva del fiume.
Amavamo quando le parole venivano sbagliate, e poi il verso “come è che fa la
canzone?” ci balzava addosso. Jerry che rideva dei suoi propri pasticci, tutti
che sorridevano sul palco prima di darci dentro e buttarsi in quella
stupefacente jam dal suono bulgaro – un improvviso cambio di rotta dalla
familiare musica folk al reame incantato e rischioso dei tempi composti e delle
scale modali. Tutto ciò che erano i Dead, sembrava, poteva essere avvolto e
impacchettato in quella canzone. Bellezza e pericolo, tutto vorticava insieme.
E poi, da quella oscura jam vorticosa emergeva il ritornello: “Come hear Uncle
John’s Band….”: e di nuovo era tempo di campeggio intorno al fuoco. Mani che battono
a tempo, la folla diventa la sezione ritmica. E poi di nuovo verso qualche altra
canzone…
Decisamente ballabile, la melodia portava ogni volta l’intera folla a
fresche altezze di felicità. Ed è così cantabile!
Non è grande che i corvi raccontino la storia della vita e
della morte? (Ci penso ogni volta che vedo un corvo).
E che dire di quelle pareti fatte di palle di cannone? Noi
americani ne siamo fieri, o lo disprezziamo?
E dove era quella miniera d’argento? Siete bloccati in una
di esse?
In ogni caso non importa: non c’è tempo per odiare. Secondo
me, se c’è una sola lezione da tutta la poetica di Hunter, è quella. Egli la
approccia da diverse angolazioni, ma per me si arriva sempre a quello. “Se non
ce’è amore nel sogno, esso non si avvererà mai”.
Grazie, Emily, e grazie, Hunter.
Ti giri ancora — ci provi. Posso sentire la tua voce …
Parole di Robert Hunter; musica di Jerry Garcia
Bé, i primi giorni sono i più duri
Non preoccuparti più
Quando la vita sembra tutta rose e fiori
C’è un pericolo alla porta
Riflettici su a fondo con me
Fammi sapere che ne pensi
Wo-oh, quel che voglio sapere è
Sei gentile?
È una scelta da danzatore solitario, amico mio
Faresti meglio a seguire il mio consiglio,
A questo punto conosci tutte le regole
E sai distinguere il fuoco dal ghiaccio
Verrai con me?
Non verresti con me?
Oh quel che voglio sapere
È se verrai con me
Maledizione, ora dichiaro
Hai visto una cosa del genere?
I loro muri sono fatti di palle da cannone,
il loro motto è “non calpestarmi”
vieni ad ascoltare la band dello zio John
sulla riva del fiume
Ho alcune cose di cui parlarti
Qui, accanto alla marea che sale
È la stessa storia che mi ha raccontato il corvo
È l’unica che conosce
Arrivi come il sole mattutino
E come il vento te ne vai
Non è tempo di odiare
A mala pena tempo di aspettare
Wo-oh quel che voglio sapere è
Dove va il tempo?
Vivo in una miniera d’argento
E la chiamo “Tomba del Mendicante”
mi sono procurato un violino