Torniamo ad “Astral
Weeks”; il fonico Brooks Arthur ricorda: “arrivò una nuvola, chiamata le
sessioni di Van Morrison, saltammo tutti su quella nuvola, che ci portò via per un po’, e
realizzammo questo album, e atterrammo quando fu finito”. Come afferma Lester
Bangs nell’articolo che traduco più avanti, Madame George è probabilmente il
gorgo intorno al quale vortica l’album. Van Morrison afferma di avere scritto
la canzone in un flusso di coscienza, in effetti è quanto meno aleatorio
attribuire significati ben precisi alle parole del brano, già a partire dalla
figura del protagonista: secondo Bangs si parla di un travestito, ma Morrison
ha sempre negato questa interpretazione; il titolo originale, cambiato
successivamente, pare fosse Madame Joy - versione che si può ascoltare anche
nel cantato stesso.
Lungo cyprus avenue
Con un’ingenua visione che balza alla vista
Il clic clac della scarpa col tacco alto
Ford & Fitzroy, madame George
Marciando col soldatino dietro
È più vecchio, ha su il cappello, beve vino
E quell’odore di profumo dolce giunge fluttuando,
penetrando
La fresca aria notturna come Shalimar
E fuori stanno facendo tutte le fermate
I ragazzi fuori in strada raccolgono tappi di
bottiglia
Andati per sigarette e fiammiferi nei negozi
Felicemente fregato, madame George
È in quel momento che cadi
È lì che cadi
È lì quando cadi in trance
Sedendo su un divano a giocare a soldi
Con le braccia incrociate e i libri di storia
getti lo sguardo
Negli occhi di madame George
E pensi di aver trovato il sacchetto
Diventi più debole e le ginocchia cominciano a
cedere
Nell’angolo a giocare a domino, in abiti femminili
il solo e unico madame George
il solo e unico madame George
E poi da fuori bussano alla finestra coperta di
ghiaccio
Lei salta su dicendo oh misericordia di Dio, credo
siano gli sbirri
E immediatamente lascia cadere tutto
Giù nella strada sotto
E sai che devi andare
Su quel treno da Dublino a Sandy Row
Buttando centesimi giù dai ponti
E la pioggia, grandine, il gelo e la neve
Dì addio a madame George
Asciuga i tuoi occhi per madame George
Chiediti il perché, per madame George
E mentre te ne vai, la stanza è piena di musica,
risa, musica
Danze, musica tutt’intorno alla stanza
E i ragazzini si ripresentano, allontanandosi da
tutto
Così freddo
E mentre stai per andartene
Lei salta su e dice hey amore, hai dimenticato i
tuoi guanti
E l’amore che ama amare l’amore che ama amare…
Per dire addio a madame George
Asciuga i tuoi occhi per madame George
Chiediti il perché, per madame George
Asciuga i tuoi occhi per madame George
Dì addio nel vento e nella pioggia nella via
laterale
Dì addio a madame George
Nella via laterale, nella via laterale, nella via
laterale
Tornando a casa nella via laterale
Devi andare
Dì addio, addio, addio
Asciugati gli occhi, asciugati gli occhi,
asciugati gli occhi
L’amore che ama l’amore che ama l’amore che ama…
Dì addio, addio
Sali sul treno
Sali sul treno, il treno, il treno
Questo è il treno, questo è il treno…
Dì addio
“Madame George" è il vortice
dell’album. Probabilmente uno dei brani di musica più compassionevoli mai realizzati,
ci chiede di vedere, no, fa in modo che noi vediamo la situazione critica di
ciò che brutalmente chiamerò una drag queen disperata con una empatia di
intensità tale che quando il cantante lo ferisce, lo feriamo anche noi
(Morrison ha detto in almeno un’intervista che la canzone non ha niente a che
vedere con qualsiasi tipo di travestito – almeno per quanto ne sa lui, aggiunge
velocemente – ma sono stronzate). La bellezza, la sensibilità, la santità della
canzone è che è assente ogni intento sensazionalistico, pacchiano o di
sfruttamento; in un certo modo Van ha ragione insistendo che non si parla di
una drag queen, come non si parla di pedofilia – si parla di una persona, come
in tutte le canzoni migliori, in tutta la letteratura maggiore.
L’ambientazione è la stessa della
canzone precedente – "Cyprus Avenue", apparentemente un luogo dove le
persone si lasciano trascinare, spronate dal desiderio, in momenti in cui si
confrontano in maniera straziante e raggelante con i propri destini. È un luogo
fondamentale di giudizio spietato – vento e pioggia appaiono in entrambe le
canzoni – e, il che è abbastanza interessante, è un luogo in cui adulti vengono
giudicati, ancor più crudelmente, da bambini, in entrambi i casi oggetti
d’amore assolutamente indifferenti ai loro aspiranti amanti maturi. I ragazzini
di Madame George sono assolutamente sprezzanti – come i ragazzi di strada che
alla fine cannibalizzano il cugino omosessuale in “Improvvisamente l’estate
scorsa” di Tennessee Williams, sono troppo felici di presentarsi fin quando ci
sono musica, feste, da bere e da fumare gratis, e troppo gioiosamente sputano
sulle attenzioni di George quando tutto il resto finisce, mentre l’inverno
funereo si fa strada non solo con pioggia e vento ma grandine, gelo e neve.
Quello che può sembrare più
strano di tutto ma non lo è in realtà, è che sono esattamente quelle
caratteristiche che dovrebbero rendere George più patetico – età, ebbrezza, il
modo in cui i ragazzi accettano i suoi soldi e rifiutano il suo amore – che
risvegliano qualcosa verso George nel cuore del ragazzo di questa canzone. Ovviamente il ragazzo non si è semplicemente
“innamorato dell’amore”, o cose del genere, ma piuttosto – che? Perché proprio
ed esattamente soltanto sprofondato nelle perversioni più ripugnanti un essere
umano potrebbe amarne un altro per un motivo diverso che non sia il loro stesso
essere umani: amarlo per la sua debolezza, i suoi difetti, alla fine forse per
il suo decadimento. Il decadimento è umano – questo è uno dei messaggi
definitivi qui, e non intendo assolutamente, per quanto si voglia forzare il
lessico, decadenza. Intendo che in questa canzone, o in qualunque cosa l’abbia
ispirata, Van Morrison ha visto l’assoluta possibilità di amare essere umani
all’ultimo stadio della degradazione, e che le implicazioni di ciò sono davvero
terribili, molto più terribili che la mera visione di corpi resi brutti
dall’età o dell’apparente assurdità di un uomo che dedica la sua vita al
malriuscito artificio di perseguire l’aspetto di una donna.
Si può dire che per amare le
domande devi amare le risposte che velocizzano il compimento dell’amore che è
amato per amare la terribile disparità dell’esperienza umana che ama dire
svettiamo su questi la perdita quell’amore di amare l’amore quella libertà
avrebbe potuto essere, il treno per la libertà, ma non ci saliamo mai,
piuttosto preferiamo salutare con la mano generosamente allontanandoci da
coloro che sono vittime di sé stessi. Ma chi può dire che qualcuno che
vittimizza sé stesso non merita una compassione totale come il più negletto
orfano del terzo mondo in una pubblicità della rivista New Yorker? Noo, meglio
camminare sopra i corpi, almeno questo conferisce loro il rispetto che possono
avere meritato una volta. Dove vivo, a New York (non per farla più grossa di
quello che è, che sarebbe duro), tutti quelli che conosco camminano spesso
sopra corpi che potrebbero essere morti o stare morendo per quanto ne sanno,
senza alcuno sforzo.
Ovviamente c’è una certa
razionalità – che altro potresti fare – ma non regge più del nostro timore
della nostra propria impotenza di fronte alla pianura della vita com’è
veramente: una pianura che si estende all’infinito oltre gli orizzonti che
abbiamo solo inventato. Avanti, dimenticatelo! Mentre sto scrivendo, si
pubblicizza nel Village Voice che stanno aprendo club S&M eterosessuali a
Manhattan, con annunci del genere: “S&M è soltanto un’altra forma di amore,
altrettanto valida. Perché la gente non sa accertarlo non lo sapremo mai”. Ti
fa venire voglia di saltare giù da una finestra del quinto piano piuttosto che
leggerlo, ma non è certo la fine del mondo; non è neanche paragonabile ai
dolori che ci affliggono dovunque ogni giorno che vengono affrontati
casualmente da tutti noi come fatti della vita. Forse si riduce tutto alla
misura in cui effettivamente ci si voglia assoggettare. Se si accetta anche per
un solo momento l’idea che ogni vita umana è preziosa e delicata come un fiocco
di neve e poi si guarda un alcolizzato nel vano della porta, devi soffrire fino
a sentirti come una spugna per tutti i problemi di quegli altri stronzi, fino a
che non ti senti uno stronzo tu stesso, per cui devi tracciare i confini
opportuni. Arresti i sentimenti. Ma sai che in quel momento cominci a morire. E
allora lotti con te stesso. Quanto di questo orrore posso permettermi di
rendere oggetto dei miei pensieri? Forse il più stupido manichino è più saggio di chi
permette alla propria sensibilità di condurlo a distruggere tutto ciò che tocca
– ma d’altronde inclinare un poco il cappello di madame George, solo per
riconoscere che quella persona esiste, soltanto toccargli la guancia e poi
probabilmente spirare perché realizzare di dovere condividere il mondo con lui
è fondamentalmente insopportabile, è soltanto percorrere il primo passo. La
realizzazione di vivere è semplicemente così bassa e così esaltata e così
insopportabile e così desiderabile. Per favore torna e lasciami solo. Ma una
volta che siamo d’accordo, possiamo parlare quanto vogliamo dell’universalità di
questo abisso: non fa nessuna differenza, il maggiore corrisponde solo al
minore per qualche soccorso menzognero, Unicef per parenti, per cui ti gratti e
sputi e imprechi in una rassegnazione violenta di fronte alla pura verità che
non c’è assolutamente nulla che tu possa fare eccetto rifiutare chiunque soffra
più di te. In un tale momento, un altro respiro è un tradimento. Per questo
abbandoni le tue cause liberali, lasci che l’umanità sofferente muoia in uno
squallore peggiore di quanto sapessero prima che arrivassi tu. Innalzi le loro
speranze. Il che ti rende più spregevole della più porca carogna. Più spregevole
dei ragazzi ignoranti che fregano madame George per un paio di sigarette.
Perché hai commesso il crimine della conoscenza, e pertanto non solo sei
passato oltre a qualcuno che sapevi stava soffrendo, ma hai anche violato la
sua privacy, l’ultima proprietà dei defraudati.
Tale conoscenza è probabilmente
la peggiore cosa che possa accadere a una persona (una persona fortunata), per
cui non meraviglia che il protagonista di Morrison abbia voltato le spalle a
Madame George, sia fuggito alla stazione, cercando di correre lontano da quello
che ha visto, più lontano di quanto il tempo di una vita potrebbe dargli. E non
meraviglia neanche che Van Morrison non sia mai più giunto così vicino a
guardare dritto in faccia alla vita, non meraviglia che sia poi passato a Tupelo
Honey e addirittura Hard Nose the Highway con tutto il suo lato
di canzoni che parlano di foglie cadenti. In Astral Weeks e in
"T.B. Sheets" si è confrontato quanto basta per la vita di qualsiasi
uomo.
Lester Bangs ("Stranded" 1979)
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