Fisherman’s Blues è una canzone esaltante. Un
brillante caso di perfetta fusione tra musica e parole. Un inno alla gioia tra
mare e cielo in terra d’Irlanda. Possiede un’euforia contagiosa, un’energia che
coinvolge tanto chi la sente per la prima volta quanto chi la ama da anni.
Oltre al testo della canzone ho tradotto “Una lettera d’amore al testo di
Fisherman’s Blues dei The Waterboys”, un articolo di James Caig, che trovate
qui nella versione originale:
Vorrei essere un pescatore
Che ruzzola sui mari
lontanissimo dalla terra ferma
E dai suoi ricordi amari
Lanciando la mia dolce lenza
Con abbandono e con amore
Senza un soffitto a gravare su di me
Salvo il cielo stellato là in alto
Con la Luce sul mio capo, e te nelle mie braccia
Vorrei essere il frenatore
Su un treno che sfreccia febbricitante
Schiantandosi a capofitto nel Cuore della terra
Come un cannone nella pioggia
Col battere delle traversine
E il bruciare del carbone
Contando le città che passano come lampi
In una notte piena d’anima
E so che sarò liberato
Dai legami che mi attanagliano
Che le catene appese intorno a me
Cadranno finalmente
E in quel giorno felice e fatale
Sarò l’artefice della mia stessa guarigione
Correrò su quel treno
Sarò il pescatore
Con la Luce sul mio capo, e te nelle mie braccia
Senza un soffitto a gravare su di me
“Una lettera d’amore al testo di Fisherman’s Blues dei The Waterboys”, di James Caig
I
wish I was a fisherman
Tumblin’ on the seas
Far away from dry land
And its bitter memories
La casa era in collina, una quindicina di minuti
lungo una strada tortuosa che saliva da una cittadina medioevale posta a
cavalcioni di un fiume chiaro come la seta. Il villaggio era annidato con cura
in un anfiteatro naturale contornato da vigneti, e anche nel suo ruolo
acquisito di avamposto turistico sonnacchioso, nel profondo sud ovest della Francia.
Ritiro. Ricarica.
Guidavamo. Prendemmo il traghetto, ci fermammo
lungo la strada. Non fu un tuffo a freddo, ma una immersione graduale. Il caldo,
la lingua, la cultura — ognuno di questi elementi si intensificava procedendo
verso sud ovest, avvicinandoci a una vacanza che prometteva tutto ciò che le
nostre vacanze sempre ci promettono.
Tempo per disconnettersi. Tempo da passare insieme.
Una possibilità per ricollegarsi con qualcosa di più basilare, più autentico
forse. Tempo per rallentare, per
prestare attenzione, di nuovo.
Casting
out my sweet line
With abandonment and love
No ceiling bearin’ down on me
Save the starry sky above
Prestare attenzione non è così naturale ai giorni nostri,
pare. Al lavoro, circondati dal pulsare
incessante della vita moderna, la nostra impostazione predefinita è essere
distratti. Come viene delineato in questo meraviglioso brano, la realtà urbana
crea uno “scudo di disattenzione”. Arresta la nostra connessione col mondo e
diventa tanto più spesso e più pesante, quanto più tempo passiamo dietro di
esso. Ci muoviamo più veloci che mai, e più che mai disattenti.
La vacanza, come ho appena sperimentato, è un
momento in cui lo scudo può sollevarsi un poco. Siamo in grado di prestare
attenzione, di collegarci un po’ più naturalmente. Lanciamo una dolce lenza verso
l’esterno, sperando che qualcosa di significativo abbocchi.
E sebbene non la suonassi mai in auto, era
Fisherman’s Blues che risuonava nella mia testa mentre percorrevamo la Francia,
allontanandoci dalla nostra metaforica terra ferma. Magari non avremo ruzzolato
sui mari, ma ci sentivamo trasportati dall’abbandono e dall’amore.
I
know I will be loosened
From the bonds that hold me fast
That the chains all hung around me
Will fall away at last
Cominciai a notare e apprezzare molte più cose di
questa canzone, questo canto marinaresco che celebra la rimozione dei paraocchi
in modo da potere a nostra volta notare e apprezzare in misura maggiore. Questa
canzone su un pescatore che non è effettivamente cantata da un pescatore.
Questo blues che non è veramente un blues, ma piuttosto un gospel mascherato. Un
inno alla natura, al passato, e come lo sono tutti i canti gospel, al futuro,
caricato come è da una promessa di un domani migliore.
Fisherman’s Blues è una fuga, un’azione di
svincolamento. Rappresenta la ricerca di Mike Scott verso qualcosa di più
reale, lontano dagli apparati della moderna vita sociale. Fu questo il viaggio,
più indelebile del nostro, che Scott intraprese quando realizzò l’album (chiamato
anch’esso Fisherman’s Blues). La canzone, come la nostra vacanza, ti chiede di
riconnetterti con qualcosa di più libero, più significativo. Un passo indietro
nel tempo che diede il via a un grande passo artistico in avanti.
Un viaggio non è solo la destinazione, ovviamente,
ma anche il posto di partenza. Per noi, il posto di partenza voleva dire
schemi, scadenze, responsabilità. Per Scott, sono legami, catene, e ricordi
amari. In entrambi i casi ciò che è più potente è che il sogno da cui scappiamo
svanirà magicamente. Rimarrà da qualche parte laggiù, su quella terra ferma
figurata, e pertanto cesserà di esistere.
Come se uno sguardo al villaggio, alla montagna,
alla casa, alla piscina ci rendesse tutti felici. Così è stato il nostro viaggio. Domani
sarò liberato.
I
wish I was the brakeman
On a hurtlin’ fevered train
Crashing a-headlong into the heartland
Like a cannon in the rain
La promessa di Fisherman’s Blues è un domani dove
i problemi sono lasciati alle spalle. L’esistenza è meno complessa, ed è
consegnata alle mani di un potere più alto, una forza elementare non
controllata da noi.
Tumblin’
on the seas… On a hurtlin’ fevered train…
Ma quel domani è anche un ieri. Mentre una volta
il viaggio ampliava la mente, ora lo usiamo per restringere il nostro campo di
interesse. Ci liberiamo dei fardelli della modernità per strizzarci nella
semplicità delle vite meno moderne di altre persone. Mangiamo il loro cibo,
camminiamo sulle loro colline, viviamo secondo i loro rituali. Forse vogliamo
ricatturare ciò che abbiamo perso, vivere come avremmo potuto vivere. Forse
stiamo cercando di rimettere il genio dentro alla lampada. Certamente la
sensazione è quella di ritornare a ciò che è importante.
With
the beating of the sleepers
And the burnin’ of the coal
Counting the towns flashing by
In a night that’s full of soul
Puoi sentire la realtà viscerale di queste vecchie
vite, nella loro durezza, che esce pulsando attraverso la canzone. Le abitudini
e i rituali sono costruiti intorno alla necessità di arrivare a fine mese, non
alla realizzazione di sé stessi. Ma Fisherman’s Blues ti fa desiderare
ardentemente quella vita semplice, ti fa sentire che potresti viverla. È come
leggere di nuovo On The Road. Magico.
E quel “woo” che termina ogni ritornello di
Fisherman’s Blues racchiude ogni cosa — liberazione, speranza, felicità. È il
suono di una notte che è piena d’anima. L’anima della vita moderna, con i suoi
soffitti e legami e catene e amari ricordi, è stata ingabbiata. Abbiamo la
volontà — la necessità — di fuggirla per qualcosa di più significativo. Nella
città è facile procurarsi notti piene di rumore (e di oblio e indulgenza). Meno
facile connettersi, scoprire, deliziarsi, meravigliarsi. Ma tutti abbiamo
bisogno di ciò.
And on that fine and fateful day
I will take me in my hands
I will ride on the train
I will be the fisherman
E così, ovviamente, c’è una ragazza. Le vite che Scott
immagina sono solo simboli. O piuttosto, mi piace pensare, immagini
rispecchiate della vita che egli immagina con lei. La vita del pescatore è la
vita del frenatore è la semplicità e la felicità e la verità di essere
innamorati. Con una di esse al suo posto, ha bisogno solo dell’altra per
completarsi. Vita, seconda edizione.
E sebbene le vacanze non siano sempre così
perfette come i sogni che possono ispirare, essere circondati dalle persone che
più ami al mondo, costantemente, vale tanto come l’esperienza della fuga.
With light in my head
You in my arms
A che serve avere la Luce in testa, chiede la
canzone, se non hai fra le braccia le persone che ami?