mercoledì 27 maggio 2020

A Pair of Brown Eyes


Per introdurre questo brano da “Rum, Sodomy and the Lash” traduco le parole con cui lo stesso autore ha spiegato l’argomento del brano: "Parla semplicemente di un tizio che si è ubriacato al bar”, afferma Shane MacGowan. “Si è sbronzato perché ha rotto con la sua ragazza e… sai com’è quando te ne vai in un pub per conto tuo per bere ed è molto tranquillo e ti arriva questo vecchio svitato che ti attacca un bottone infinito. Così questo vecchio comincia a raccontare di come tornò dalla guerra, la Prima Guerra Mondiale. O la Seconda. Una delle due comunque. E gli racconta della nave che aveva e di come è partito e tornato e questa ragazza se l’era filata con qualcun altro, una ragazza con un paio di occhi bruni. Che è la stessa situazione del tipo giovane seduto lì ad ascoltare tutte quelle sciocchezze mentre il jukebox suona Johnny Cash e Ray Lyman e Philomena Begley, classiche canzoni da jukebox a Londra. E alla fine arriva al punto in cui dice fanculo, ed esce barcollando dal pub e cammina lungo il canale, cominciando a sentirsi malissimo, al limite della lacrime, e comincia a rendersi conto che il vecchio ha provato quel sentimento per tutta la fottuta vita, attraversando la guerra e tutto il resto, ma la sua reazione originaria è stata di odiarlo e disprezzarlo. Non dico che tornerà dentro per cominciare a parlargli, ma sai... " (tratto da Pogueology, Folk Roots, August 1987)



Una sera d’estate, con una sbronza d’inferno
Stavo là quasi inanimato
Un vecchio nell’angolo cantava
Dove crescono i gigli d’acqua
E dal jukebox Johnny cantava
Di “una cosa chiamata amore”
E poi mi fa: come stai ragazzo, e come ti chiami?
E come diamine lo sapresti?
Tra sangue e morte sotto un cielo urlante
Giacevo sul terreno
E le braccia e le gambe di altri uomini
Erano sparse tutto intorno
Qualcuno imprecava, qualcuno pregava, qualcuno pregava poi bestemmiava
Poi pregava e sanguinava ancora un poco
E l’unica cosa che potevo vedere
Era un paio di occhi bruni che guardavano verso me
Ma quando tornammo a casa, in tanti pezzi numerati
Non c’era nessun paio di occhi bruni ad aspettarmi

E vagando, vagando, vagando io andrò
Per un paio di occhi bruni

Io guardavo lui, egli guardava me
Tutto ciò che potevo fare era odiarlo
Mentre Ray e Philomena cantavano
Dei miei sogni inafferrabili
Vedevo i fiumi, le colline ondulate
Dove i suoi occhi bruni stavano aspettando
E pensai a un paio di occhi bruni
Che una volta aspettavano me
Così con una sbronza d’inferno lasciai il posto
A tratti strisciando, a tratti camminando
Un suono affamato giungeva attraverso la brezza
Così feci due chiacchiere con i muri
E udii i suoni di tanto tempo fa
Dal vecchio canale
E gli uccelli fischiettavano sugli alberi
Dove il vento rideva gentile
E vagando, vagando, vagando io andrò
E vagando, vagando, vagando io andrò
E vagando, vagando, vagando io andrò
Per un paio di occhi bruni

E vagando, vagando, vagando io andrò
E vagando, vagando, vagando io andrò
E vagando, vagando, vagando io andrò
Per un paio di occhi bruni
Per un paio di occhi bruni


giovedì 21 maggio 2020

In Search of a Rose


Uno dei piccoli gioielli di “Room To Roam”, incastonato in un album la cui varietà di colori costituisce una delle sue caratteristiche più accattivanti. Come nella poesia romantica o nelle ballate folcloristiche, il tema del viaggio si intreccia con quello della ricerca, che è qui ricerca della bellezza fine a sé stessa, simboleggiata dal fiore per antonomasia. E come in tanta letteratura, in questa breve visione radiosa e ottimistica, il viaggio si confonde con la meta stessa.



In che luoghi vagherò e mi stupirò
Nessuno lo sa
Ma dovunque io vada sarò
In cerca di una rosa

Qualunque sia il volere del tempo
E sia che splenda il sole sia che nevichi
Dovunque io vada sarò
In cerca di una rosa

Non so dove la si trova
Non mi importa
Fintanto che il mondo continuerà a girare
Mi prenderò il mio tempo
Assaporerò la clemenza dell’estate
Mi imbacuccherò quando soffia l’inverno
E dovunque io vada sarò
In cerca di una rosa



mercoledì 13 maggio 2020

Misty Morning, Albert Bridge


Canzone scritta da Jem Finer per il quinto album dei Pogues, Peace and Love del 1989. Uscì anche come singolo. Si fa riferimento al famoso ponte di Londra, dove è ambientata la scena finale del ricongiungimento sognato e agognato dal protagonista. Il testo non ha una forma classica divisa in strofe e ritornello, ma è piuttosto formato da tre quadri distinti: il sogno, il risveglio e infine il ritorno, situato in un futuro che però sembra già avverarsi, lanciando il finale della canzone in una conclusione malinconica ma felice, accompagnata dal crescendo della musica.



Sognai che stavamo presso
Le rive del Tamigi
Dove le gelide acque si increspano
Nella luce brumosa del mattino
Accostavo un fiammifero alla tua sigaretta
Guardavo il fumo avvolgersi a spirale nella foschia
I tuoi occhi, blu come l’oceano tra di noi
Che mi sorridevano

Mi svegliai freddo e solitario
In un posto lontanissimo
Il sole cadeva freddo sul mio volto
Le crepe nel soffitto significavano inferno
Mi voltai verso il muro
Mi tirai su le lenzuola sulla testa
Cercai di dormire per sognare la strada
Che mi riportata di nuovo a te

Conti i giorni
Che passano lenti
Sali su un aereo
E voli via
Ti rivedrò allora
Mentre gli uccelli dell’alba cantano
In un mattino freddo e brumoso
Presso l’Albert Bridge


mercoledì 6 maggio 2020

Stay Free


Una canzone di Mick Jones ispirata a un’amicizia vera, compare su “Give 'Em Enough Rope” del 1978.
Mick Jones e Robin Crockers si conobbero sui banchi della prestigiosa Strand School di Londra. Un giorno furono richiamati dal preside dopo che si erano azzuffati: non essendo riusciti a mettersi d’accordo su chi fosse superiore tra Bo Diddley e Chuck Berry, avevano fatto decidere ai pugni. Come ha raccontato lo stesso Crockers in un’intervista al Guardian, quel momento fu una rivelazione per entrambi: diventarono amici e, soprattutto, persero qualunque forma di rispetto per l’autorità e chi la rappresentava. Si persero poi di vista per un periodo: l’uno a fare punk rock, l’altro a provare la strada del giornalismo per poi soggiornare nella cella di un carcere dell’isola di Wight: l’avevano beccato, insieme ad altri, a rapinare una banca.
 “Quando sono uscito dal carcere, Mick aveva fondato i Clash. Una sera si presentò da me con una chitarra acustica e mi suonò ‘Stay free’. Qualcuno una volta mi ha detto che è la più eccezionale canzone d’amore eterosessuale che un uomo ha dedicato ad un altro uomo, il che è molto vero. È il ricordo di un gruppo glorioso, di un periodo glorioso e di una gloriosa amicizia. Sfortunatamente non rimasi libero per molto tempo. Feci una rapina a Stoccolma e mi beccarono di nuovo.”



Ci conoscemmo quando andavamo a scuola
Non ci siamo mai fatti mettere i piedi in testa da nessuno, non eravamo stupidi
L’insegnante diceva che eravamo scemi
Ma ci stavamo solo divertendo
Stracciavamo chiunque
In classe

Quando fummo cacciati fuori io me ne andai senza troppo clamore
E nei fine settimana ce ne andavamo a ballare
Giù a Streatham in corriera
Mi facevi sempre ridere
Mi cacciavi in brutte risse
Mi facevi giocare a bigliardo tutta la notte
Fumando al mentolo

Io mi esercitavo quotidianamente nella mia camera
Tu eri giù al Crown a pianificare la tua prossima mossa
Sei andato a rubacchiare
Hai colpito il tipo sbagliato
Hanno dato a ciascuno tre anni
A Brixton

Ho fatto del mio meglio per scrivere
Come si stava a Butlins?
Erano troppo severi i secondini?
Quando ti molleranno
Attaccheremo la città
Le daremo fuoco, cazzo, la ridurremo
In cenere

Perché gli anni sono passati e le cose sono cambiate
E mi sposto dovunque io voglia andare
Non dimenticherò mai la sensazione che ho provato
Quando sentii che eri arrivato a casa
E non dimenticherò mai il sorriso sul mio volto
Perché sapevo dove saresti stato

E se sei al Crown stasera
Bevine una alla mia salute
Ma prenditela calma, vacci leggero, resta libero