Quando si viaggia di città in città, fermandosi solo poco tempo
nei singoli ostelli, capita di incontrare fugacemente altri viaggiatori,
altrettanto poco stanziali e per una sera, complice l’atmosfera rilassata e
poco formale delle sale condivise con gli altri ospiti, trascorrere qualche ora
piacevole a conversare, raccontarsi, con una confidenza che magari non si
avrebbe con persone meno sconosciute. E piano piano sentirsi attratti da quella
persona appena incontrata.
Sentirsi attratti, anche se si sa che non la si rivedrà più. Ma
è un principio di innamoramento che si sfilaccia ancor prima di nascere, tra
gli ultimi istanti di veglia prima del sonno. È una perdita poco dolorosa. Poi
al mattino ognuno va per la sua strada; resta solo una leggera malinconia, quasi
piacevole e i “forse se…” che si rincorrono nella mente a poco a poco svaniscono,
sempre di più a ogni passo.
Questa canzone di Mike Scott, tratta dal migliore album dei suoi
Waterboys – Fisherman’s Blues - probabilmente non parla di una situazione del genere, ma a me ha
sempre ricordato quelle sensazioni.
Quando te ne andrai
Ora che è caduta la pioggia
E l’estate Indiana è finita
Domattina continuerai a seguire il tuo percorso
Ti auguro ogni bene
Non mi stai chiedendo di unirmi a te
E comunque sono già occupato
Ma piangerò quando te ne andrai
Piangerò quando te ne andrai
La tua bellezza è qualcosa di famigliare
E la tua voce è come una chiave
Che mi apre l’anima e come una torcia
Accende un fuoco dentro di me
Il tuo cappotto è incantato
E intorno al tuo tavolo giocano gli angeli
E piangerò quando te ne andrai
Piangerò quando te ne
andrai
Qualcuno ha lasciato il suo whisky
E la notte è tanto giovane
Ho qualcosa da dire e molto più da raccontare
E le parole presto mi sgorgheranno dalla lingua
Vaneggerò e vagherò
Faro qualunque cosa per farti restare
E poi piangerò quando te ne andrai
Piangerò quando te ne
andrai
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