Hildegard Knef (Ulm, 1925 –
Berlino 2002) è stata attrice, di cinema, teatro e televisione, cantante e
scrittrice, personaggio pubblico, ma soprattutto, come altre prima di lei – e probabilmente
nessuna dopo - Diva. A maggior ragione se si pensa alle dive di provenienza europea
che poi si affermavano – valgano come esempio assoluto le inarrivabili Garbo e
Dietrich - e venivano definitivamente consacrate tali negli Stati Uniti. Proprio
queste due stelle assolute si offrono come riferimento inequivocabile; della
prima la Knef reinterpretò il ruolo di Ninotchka nella trasposizione teatrale del Film
omonimo che la vide protagonista di un fastoso successo a Broadway, alla
seconda fu legata come amica, protégé, e anche per lo stesso destino di “semi-ripudiata”
che dovette riconquistare la propria patria, precedentemente abbandonata scientemente per inseguire il
successo.
Ritornata in Germania si
reinventa cantante ma non solo, perché diventa anche autrice di una serie di
canzoni il cui testo è spavaldamente autobiografico, quasi una auto-consacrazione
che precede quella tributata dal pubblico, il quale soccomberà al fascino di Hilde. Questa è una di quelle canzoni:
IN QUESTA CITTà
(1965)
Pacchetti di sigarette vuoti e colorati
E la carta di panini imburrati accartocciata
Sulla strada per la scuola che percorrevamo ogni
giorno
La vedo ancora davanti a me, come fosse oggi
E dalla barbabietola davanti alla stazione
Rubavamo per la mamma il mazzo di fiori per il
compleanno:
Io questa città, la conosco bene,
in questa città una volta ero di casa;
che aspetto avrà oggi la città?
In questa città una volta ero di casa.
Tra due lampioni oscurati
Stava una panchina, il mio primo ragazzo si
chiamava Cecco
Avrei tanto voluto che mi insegnasse a baciare
Ma i suoi baci facevano ridere
Al mattino rimuginando dietro ai vetri ciechi
Avevo una sola certezza, voglio andarmene!
Io questa città, la conosco bene,
in questa città una volta ero di casa;
che aspetto avrà oggi la città?
In questa città una volta ero di casa.
Una mattina stavo sulla banchina
Sulle rotaie verso il vasto mondo,
e seppi improvvisamente, sulla banchina,
che niente più mi tratteneva in questa città.
Oggi, dopo notti passate a piangere da sola,
non sopporto più questa nostalgia di casa:
Io questa città, la conosco bene,
in questa città una volta ero di casa;
che aspetto avrà oggi la città?
In questa città una volta ero di casa.
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