mercoledì 28 febbraio 2018

It Was A Pleasure Then


Per il suo primo disco da solista (“Chelsea Girl”, del 1967), Nico ottiene il contributo di autori a lei vicini in quel periodo; Jackson Browne, Tim Hardin, addirittura Dylan e non da ultimi i suoi colleghi dei Velvet Underground: Cale, Reed e Sterling Morrison. In questa canzone affianca i primi due collaborando nella stesura, dando vita così anzi tempo a un ideale epitaffio dell’avventura di quella band, e forse anche di un’epoca che doveva terminare, irrecuperabilmente.



Era un piacere allora
Se potessi essere qui ancora
Sapere quel che c’era da vedere
Quando tutta la gente della domenica
Se ne stava così quieta nel buio
Timorosa di essere meglio il giorno successivo

La la la la la la la
La la la la la la la.

Era un piacere allora
Quando potevamo sedere e fissare lo sguardo ancora
Fino a che le stelle cadevano attraverso
Gli alberi nuvolosi sull’erba
Stelle a sorridere con noi
Fino a quando anche a loro venivano le lacrime agli occhi
Ci racconti questa unica storia
Di quanto dobbiamo essere in disaccordo

Era un piacere allora
Vedere i giorni morenti, ancora
Nell’orrore delle notti
Mai mai mai
Mai troppo splendenti
Non abbiamo un segreto
Cuore da nascondere da qualche parte alla fine
Fino a che possiamo vedere
Il cielo confessare questo crimine
Di odiosità dal sapore amaro
Sopra alle nostre menti a pezzi

Era un piacere
Era un piacere

La la la la la la la la la
La la la la la la la la la
La la la la la la la la la la la.


giovedì 15 febbraio 2018

Thoughtless Kind


Spesso le cose migliori nel catalogo di John Cale non ottengono l’attenzione maggiore. A volte nemmeno le migliori registrazioni. Possono non richiamare l’attenzione, possono essere seppellite sotto una valanga di rumore e allontanare l’ascoltatore con aggressività. Possono essere soffocate sotto risatine e clicchettii e suoni di tastiera a casaccio. Potresti non accorgerti per un bel po’ di tempo che quelle versioni possono essere le migliori, quelle che realizzano appieno le possibilità della canzone.

Oppure possono essere approssimative e aggressivamente sciocche e piene di ebbra stupidità, e dopo il primo impatto potresti sorprenderti di come abbiano colto bene il punto.

O possono raggiungere il corretto equilibrio di sentimenti: sentimentalismo e disprezzo. Nostalgia e nausea. Ricordi di gloria passata e l’amarezza di errori irrimediabili. Ma quando vai al dunque, una canzone è più uno spazio di possibilità che una serie specifica di parole e accordi. È lo spazio definito dal modo in cui suona e dalle esperienze di vita dell’artista e dalle parole e dalle tue proprie esperienze di vita e dalle migliori e peggiori esecuzioni di essa, e dalle più estreme, e il volume di tale spazio dipende fortemente dall'individuo che lo esperisce.

E tuttavia il numero di noi che diamo valore a questi spazi di possibilità, che li prendiamo in grande considerazione, è maggiore di quello delle persone che li creano. Forse questo sentimento di comprensione condivisa di esperienze è un’illusione, ma se lo è non vorrei rinunciarvi per nulla al mondo.

Testo tratto da: FRAGMENTS OF A CALE SEASON






Se ti stanchi degli amici che ti fai
In caso tu intenda dire qualcos’altro
Dì che sono stati i tempi migliori che tu abbia mai avuto
Gli anni migliori con la razza sconsiderata

Ci vestiamo in modo formalistico negli anni migliori
Preferiamo le ombre alle luci brillanti negli occhi
Di coloro che amiamo, le luci brillanti negli occhi di coloro che amiamo

Quello che vediamo, ciò che immaginiamo, gli occhi non ci raccontano nulla
Le luci brillanti negli occhi di coloro che amiamo non ti racconteranno nulla
Come le cicatrici dell’immaginazione, i segni dell’immaginazione

Le luci brillanti negli occhi di coloro che ami non ti racconteranno nulla
Eccetto che sei il tipo sconsiderato

Se ti stanchi degli amici che ti fai
Non voltare mai loro le spalle
Dì che sono stati i tempi migliori che tu abbia mai avuto
Gli anni migliori con la razza sconsiderata
Gli anni migliori con il tipo sconsiderato





giovedì 8 febbraio 2018

It's Ok

Dal disco "Captain Long Brown Finger In The Spanish Cave", pubblicato dai Thin White Rope nel 1988. Questa versione di "It's Ok" è tratta dal loro ultimissimo concerto, tenuto a Gent nel 1992, anno in cui la band si sciolse definitivamente. Oggi Guy Kyser fa il botanico. Questione genetica?




Va bene

La mia vecchia ragazza si è fatta nuovi amici,
Divenuta felice nel profondo
Il benessere è percepito in maniere così strane,
In un genocidio passivo

Era una questione genetica
Come lei si sia rivolta a te
Forze esterne muovono i suoi sogni
E la scelta della natura si realizza

Un gene fa sì che tu compra la tua strada
Un gene ti rende triste
Un gene la fa vibrare e la fa avvinghiare
E quel gene io non l’ho

Era una questione genetica


giovedì 1 febbraio 2018

Mary Jane's Last Dance

Questa canzone di Tom Petty fu supportata da un video di forte impatto: dopo averlo visto anche una sola volta rimane difficile dissociare le immagini dal brano. Il cantante interpretava un becchino che porta a casa un cadavere, per l’occasione interpretato da Kim Basinger. Giunto a casa, e fattole indossare un abito da sposa, comincia a ballare con lei. Poi la carica su un furgone e la getta nell’oceano, dove a quel punto apre gli occhi. Il testo è stato soggetto a diverse interpretazioni, soprattutto in riferimento alla marijuana (per via del nome della ragazza), ma attenendosi semplicemente alla narrazione, ci si ritrova in una classica storia americana, tra sperduti paesi di periferia e ragazzi insoddisfatti e perennemente in fuga.



Cresciuta in una città dell’Indiana
Sua madre era bella, non era mai a casa
Ma è diventata alta ed è cresciuta bene
Con quei ragazzi dell’Indiana, in una notte dell’Indiana
Si trasferì qui, a diciott’anni
Lasciò di sale i ragazzi, mai visto niente del genere
Ci presentarono e cominciammo a divertirci
Mi disse “Mi piaci bambino, ma non mi piace fermarmi in un posto, sì mi piace muovermi sempre”

Ultimo ballo con Mary Jane
Un’ultima volta per soffocare il dolore
Sento l’estate che si insinua e sono
Stufo di questa città, di nuovo

Beh non so ma mi hanno detto
Non rallentare mai e non invecchierai
Sono stufo di rovinare tutto, sono stufo di sprofondare
Stufo di me stesso, stufo di questa città
Oh mamma, oh sì davvero
Devi indossare quell’abito da sera
E procurami un drink, cantami una canzone
Prendimi così perché non posso fermarmi a lungo

Ultimo ballo con Mary Jane
Un’ultima volta per annientare il dolore
Sento l’estate che si insinua e sono
Di nuovo stufo di questa città

Ci sono i piccioni sulla piazza del mercato
Lei se ne sta lì con la sua biancheria intima
Guarda giù da una stanza di albergo
Presto arriverà il crepuscolo
Oh mamma, sì davvero
Devi proprio metterlo quell’abito da sera
Faceva troppo freddo per piangere, mi svegliai da solo
Un ultimo numero e mi incamminai verso la strada