mercoledì 22 febbraio 2017

Cosmic Dancer

7. “Cosmic Dancer” (da Electric Warrior, 1971)

Qui abbiamo l’essenza dell’anima morbida dietro a tutto l’edonismo — il Bolan più strano e malinconico. “Cosmic Dancer” è tutta meraviglia ad occhi spalancati senza un briciolo di terrore esistenziale, con il cantante che trova un tono stranamente confidenziale mentre spiega che ha SEMPRE ballato, “è uscito ballando dal grembo,” e infatti continuerà a ballare fino alla morte. Mano a mano che la chitarra Acustica gradualmente si appoggia a un’orchestrazione lussureggiante, la canzone raggiunge una sorta di trascendenza panoramica, ancora più toccante per essere un momento così poco tipico in mezzo a tutta la baldoria T.Rexiana. Che cos’è che fa costantemente ballare Bolan, e perché sembra incapace di fermarsi? La canzone funge quasi come un fiaba dei Fratelli Grimm in chiave glam, cantata da qualcuno che sembra riconoscere che la propria luce brucerà brillante ma per poco.


di Timothy Bracy ed Elizabeth Bracy fonte: http://www.stereogum.com/


"Oh andiamo, sono sempre stato un bambino molto vivace. Mi piace proprio ballare".
"Voglio dire, sono la mia stessa fantasia. Sono il “Danzatore Cosmico” che balla da quando esce dal grembo fino alla tomba su Electric Warrior. Non mi fa paura alzarmi e godermela a ritmo di musica di fronte a sei milioni di persone in TV perché non sembra cool. È quello che farei a casa.”
Marc Bolan


Danzatore Cosmico

Ballavo quando ero dodicenne
Ballavo quando ero aaah
Danzando mi feci strada per uscire dal grembo
è strano ballare così presto
Danzando mi feci strada fuori dal grembo
Danzavo quando avevo otto anni
è strano ballare così tardi
Danzando mi portai nella tomba
è strano ballare così presto
Danzando mi portai alla tomba

È sbagliato capire
La paura che dimora dentro a un uomo?
Che cosa significa essere un pazzo
Lo paragono a un aerostato

Danzando mi feci strada per uscire dal grembo
è strano ballare così presto
Danzando mi portai nella tomba
Ma quando di nuovo un’altra volta

Danzando mi feci strada per uscire dal grembo
è strano ballare così presto
Danzando mi feci strada per uscire dal grembo

mercoledì 15 febbraio 2017

Guns Before Butter

I Gang Of Four si formarono a Leeds durante gli anni caldi del punk-rock, nel momento in cui però si facevano largo tendenze centrifughe. Finirono per diventare gli antesignani di una di queste, quella del funk rivisto nella chiave sciatta e provocatoria del punk. [Scaruffi]


Dal disco di esordio dei Gang of Four, “Entertainment!” del 1979, il nervosismo di questa canzone rispecchia il tremori suscitati dalle paure della guerra e dal disprezzo per il bellicismo mascherato da amore patrio. Il titolo si riferisce a un modello macroeconomico che contrappone le spese militari (cannoni) alle spese per la produzione di beni, e più in generale ai pilastri della filosofia militarista, come il "sangue e ferro" di Bismarck.


"I cannoni prima del burro"

Tutto questo parlare di sangue e ferro
È la causa del mio scotimento
Tutto questo parlare di sangue e ferro
È la causa di tutti i miei tremori
Tutto questo parlare di sangue e ferro
È la causa di tutti i miei tremori

Tutto questo parlare di sangue e ferro
È la causa di tutti i miei tremori
La madre patria non è un posto per cui morire
Mi fa venire voglia di scappare fuori tremando

Ho sentito parlare di cannoni e burro
È qualcosa di cui posso fare a meno
Se gli uomini sono solo sangue e ferro
O Dottore, dottore, che cosa c’è nella mia camicia?

Mantieni la calma, non c’è spazio per il dubbio

Sento parlare di gioia nel lavoro
Ti dirò una cosa, puoi lasciarmene fuori
La madre patria non è un posto per cui piangere
Voglio della sabbia dove nascondere la testa

Sento parlare di forza nel lavoro
È qualcosa di cui posso fare a meno
Se io sono solo sangue e ferro
O Dottore, dottore, che cosa c’è nella mia camicia?

Mantieni la calma, non c’è spazio per il dubbio

Tutto questo parlare di sangue e ferro
È la causa di tutti i miei tremori
La madre patria non è un posto per cui piangere
Mi fa venire voglia di scappare fuori urlando

Ho sentito parlare di cannoni e burro
È qualcosa di cui posso fare a meno
Se gli uomini sono solo sangue e ferro
O Dottore, dottore, che cosa c’è nella mia camicia?

Mantieni la calma, non c’è spazio per il dubbio


mercoledì 8 febbraio 2017

Mongoloid

Il nome DEVO proveniva dal concetto di de-evolution, ovvero l’idea che anziché continuare a evolversi, il genere umano avesse in realtà cominciato a regredire, come provato tra l’altro dalle disfunzioni della società. La frase che dà il titolo al primo LP, “Are we not men?” viene presa a prestito dal romanzo “L’Isola del Dottor Moreau”, un’opera di H.G.Wells del 1896, per asserire che l’umanità si sta involvendo in una massa di idioti bestiali, piuttosto che evolversi teleologicamente verso la perfezione. “Non siamo uomini? No, siamo DE-VO (de-evoluti)!”
Alla fine degli anni sessanta, questa idea fu sviluppata dagli studenti della Kent University (Ohio) Bob Lewis e Gerard Casale, quest’ultimo già attivo come musicista. Di lì a poco l’incontro con Mark Mothersbaugh, anche lui autore di un pamphlet che avrebbe poi ispirato la canzone “Jocko Homo”(successivamente pubblicata sul primo singolo della band proprio con “Mongoloid”, che già anticipava tutta la filosofia devo-iana, e sarebbe stata ripresa sul primo LP) portò alla formazione del gruppo. Gli eventi della Kent State (1970) diedero poi un impulso decisivo all’ispirazione dei Devo.
Scritto da Casale, il testo descrive una persona che pur affetta da sindrome di Down conduce una vita “normale”.




Mongoloide, era un mongoloide
Più felice di te e di me
Mongoloide, era un mongoloide
E determinava ciò che poteva vedere
Mongoloide, era un mongoloide
Un cromosoma di troppo
Mongoloide, era un mongoloide
E questo determinava ciò che poteva vedere

E indossava un cappello
E aveva un lavoro
E portata a casa il bacon
E così nessuno lo sapeva

Mongoloide, era un mongoloide
Più felice di te e di me
Mongoloide, era un mongoloide
E determinava ciò che poteva vedere
Mongoloide, era un mongoloide
Un cromosoma di troppo
Mongoloide, era un mongoloide
E questo determinava ciò che poteva vedere

E indossava un cappello
E aveva un lavoro
E portata a casa il bacon
E così nessuno lo sapeva

mercoledì 1 febbraio 2017

The Modern Adventures of Plato, Diogenes and Freud

Un testo affatto particolare, il cui ermetismo contribuisce al fascino della canzone, insieme con la parte musicale, nella quale il gruppo lascia completamente il campo alla felice orchestrazione per archi di John Simon, produttore dell’album. Uno dei molti contributi scritti da Al Kooper, ideatore e leader della band che lasciò dopo un solo, primo disco, questa canzone è un tassello emblematico di un opera che riuscì a fondere rock, blues, pop, arrangiamenti di fiati e improvvisazione jazz in un ibrido a cui si aggiungevano anche elementi della musica classica del ventesimo secolo.


Le Moderne Avventure di Platone, Diogene e Freud

Padre del mio mattino,
una volta figlio della notte
vedo che hai menti da acciuffare
e posso solo guardare il malsano dolore
Poco sai
delle progressioni che insegni
Le persone che raggiungi sono stanche
Di vivere in un mondo di torri elastiche
Balla con loro e canta una canzone di cambiamenti
E parla con loro della vita e di tutti i suoi pericoli
Circondati di sconosciuti ora familiari
Che ti baciano e ti abbracciano e alla fine ti derubano del tuo tempo

E l’orologio sul muro è una seccatura
Mentre vaghi oltre la soglia
E lo trovi sdraiato sul pavimento
E quando ti chiede dell’altro ancora, sorridi gelido

Non potrai mai immaginarmi
Mi conosci per i miei pensieri
Un fascicolo per il tuo resoconto di viaggio
Dimentico della notte, la nebbia intorno a te
I germi sono ridicoli
Ti infastidiscono di notte
Il sangue che corre al tuo cervello
Il biglietto dell’aereo che non prenderai mai
Il prezzo che paghi tolte le tasse
Per farti a pezzetti internamente con minuscole asce
La ragazza guarda in alto verso di te, dai pavimenti che sta incerando
E parla alla tua cintura con lacrime tra gli occhi

E l’orologio sul muro è una seccatura
Mentre vaghi oltre la soglia
E lo trovi sdraiato sul pavimento
E quando ti chiede dell’altro ancora, sorridi gelido

Le rughe metafisiche sul volto che affronti
Sono nascoste dal truccatore
Che vive dentro alla lattina di “Sterno” (1) dietro di te
Ora arrampicati fino alle montagne
Mentre il sole è quasi andato
Scappando dagli altri te stesso
I tuoi fratelli si nascondono tra gli scaffali dentro di te
I giochi a cui gioca la gente possono solo annoiarti
Ma solo quelli che ti conoscono non ti ignorano
Quante volte sono venuto qui a rimetterti in forze
E ti ho trovato sdraiato sul divano con padre tempo

E l’orologio sul muro è una seccatura
Mentre vaghi oltre la soglia
E lo trovi sdraiato sul pavimento
E quando ti chiede dell’altro ancora, sorridi gelido

Gelatina combustibile