mercoledì 20 novembre 2019

T.B. Sheets


"T.B. Sheets" fu registrata da Van Morrison il 29 Marzo 1967 a New York. La storia raccontata nella canzone ha luogo in una stanza dove una ragazza giace ammalata di tubercolosi ed è visitata dall’io narrante. Il senso di colpa e il soverchiante imbarazzo provati gli provocano un disperato desiderio di fuggire dalla camera chiusa, odorante di morte e malattia. L’ascoltatore viene portato nella stanza e, per quanto disturbante,  certamente la descrizione è magistralmente realistica. Per prima cosa il narratore sgrida la malata terminale per il suo pianto. Non è naturale, dice, la donna piange tutta la notte e l’osservatore, intrappolato nella camera di morte, è imbarazzato e impotente. Più avanti nella canzone, il sole penetra da una fessura nel pannello della finestra e annebbia la mente; poi c’è la terribile claustrofobia della stanza dell’ammalata – “lasciami respirare”, chiede alla donna, il cui respiro è affaticato, c’è una strada lì sotto, una strada che lei non percorrerà più, e lui anela disperatamente di raggiungere quella strada, di ritornare alla vita, perché “la stanza fredda è la stanza di un’idiota”. Un racconto dickensiano di morte e decadimento in una grande città per una della più vere canzoni sulla morte mai sentite. Mano a mano che la vita scorre via gradualmente dal corpo della ragazza Julie, devastata dalla tubercolosi, non c’è alcun cliché drammatico, nessun indoramento della pillola né alcuna grande epifania sul letto di morte. Piuttosto quello che emerge è un fatalismo da “Allora è tutto qui?”, uno scoramento leggero e distaccato, soffocato lentamente.



Ora ascoltami, Julie, piccola,
Non è naturale che tu pianga nel cuore della notte.
Non è naturale che tu pianga attraversando la mezzanotte,
fino alle ore piccole, ancora lontane dal sopraggiungere dell’alba,
Oh Signore, hu hu ha.

Ora Julie, e non c’è niente nei miei pensieri
Più lontano da quello che tu stai cercando.
Vedo il modo in cui mi hai assalito, Signore, da dietro la porta
E mi hai guardato negli occhi.
Sei una piccola stella scossa allusioni
Inadeguatezze e corpi estranei,
e la luce del sole che splende attraverso la fessura nella vetrata
Mi intorpidisce il cervello,
Ha, allora apri la finestra e fammi respirare.
Ho detto apri la finestra, shh shh shh shh shh e lascia che io respiri.
Sto guardando giù nella strada qui sotto, Signore, ho pianto per te,
Ho ho, ho pianto per te, pianto per te. Ossignore.
La stanza fredda è la stanza di un’idiota, Signore.
E posso quasi sentire l’odore delle tue lenzuola tisiche.
E riesco quasi a odorare le tue lenzuola tisiche
Sul tuo letto di malata
Devo andare, devo andare
E tu dicesti, “Ti prego resta, voglio, voglio,
voglio bere dell’acqua, voglio bere dell’acqua,
va in cucina e prendimi dell’acqua da bere.”
Io dissi, “Devo andare, devo andare piccola.”
Dissi, “Ti manderò, ti manderò qualcuno qui più tardi.
Lo sai abbiamo John che verrà qui più tardi
Con una bottiglia di vino per te, piccola – ma io devo andare.”
La stanza fredda è la stanza di un’idiota, Signore.
La stanza fredda è la stanza di un’idiota, Signore, la stanza di un’idiota.
E riesco quasi a odorare le tue lenzuola tisiche
E riesco quasi a odorare le tue lenzuola tisiche

Devo andare, devo andare
Manderò qualcuno che si lamenti, più tardi, piccola.
Vedremo che cosa riuscirò a raccattare per te, lo sai.
Sì, ho un po’ di cose che devo fare.
Non preoccupartene, non preoccuparti, non preoccuparti.
Andare, andare, devo andare, devo andare devo andare,
devo andare, devo andare, huh va bene, tutto bene.
Ho acceso la radio,
se vuoi ascoltare qualche canzone, accenderò la radio per te.
Eccoci qua, eccoti qua, eccoti qua, piccola, ecco, huh.
Starai bene, anche tu, sì.
Lo so che non è divertente, non è divertente per nulla, piccola,
sempre sdraiata nella stanza fredda, gente, sdraiata nella stanza fredda,
nella stanza fredda, nella stanza fredda.

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