Come di consueto per le canzoni composte da Garcia, le
parole sono di Robert Hunter. Traduco anche un articolo su “The Ripple” scritto
da Jim Beviglia per American Songwriter.
Se le mie parole risplendessero con l’oro della
luce del sole
E le mie melodie fossero suonate sull’arpa priva
di corde
Sentiresti la mia voce arrivare attraverso la
musica?
La terresti vicina a te come se fosse la tua?
È un’idea di seconda mano, i pensieri sono
spezzati
Forse sarebbe meglio non esprimerli col canto
Non lo so, non mi importa veramente
Lasciamo che siano canzoni a riempire l’aria
Un’increspatura nell’acqua calma
Senza che sia stato tirato un sasso
O che soffi vento
Allunga la tua mano se la tua coppa è vuota
Se la tua coppa è piena possa esserlo ancora
Lascia che si risappia che c’è una fontana
Che non è stata costruita da mano d’uomo
C’è una strada, non una semplice via maestra
Tra l’alba e l’oscurità della notte
E se ci vai potrebbe non seguirti nessuno
Il percorso è soltanto per i tuoi passi
Un’increspatura nell’acqua calma
Senza che sia stato tirato un sasso
O che soffi vento
Tu che scegli di condurre devi seguire
Ma se cadi cadrai da solo
Se dovessi alzarti chi ti guiderà allora?
Se conoscessi la strada ti porterei a casa
Come conseguenza di una meritatissima reputazione come predominante
live act della loro epoca, è comprensibile che le registrazioni in studio dei
Grateful Dead possano rimanere in qualche modo oscurate. Seguendo la stessa
linea di pensiero, l’abilità di scrittura della band, che spesso si riduce alla
musica di Jerry Garcia e alle parole di Robert Hunter, non sempre riceve la
considerazione che merita.
Eppure, nel 1970, i Dead pubblicarono a pochi mesi di
distanza uno dall’altro una coppia di album che sembravano catturare l’irrequietezza
di un’intera generazione disancorata dei propri ideali e agirono come un
balsamo per lenire tali delusioni. Workingman’s Dead fu seguito rapidamente da
American Beauty e da quest’ultimo album provenne “Ripple”, forse la
quintessenza sia della delicata magia raggiunta in studio dalla band sia della
collaborazione tra Garcia e Hunter.
Quando Rolling Stone chiese
a Hunter di nominare un
testo di cui fosse particolarmente
fiero, rispose: “Let it be known there is a
fountain/ That was not made by the hands of men,” un verso da “Ripple.” “Probabilmente
il verso preferito tra quelli che io abbia mai scritto, che mi sia mai venuto
in mente. E ci credo, sai?”
Versi come quelli erano scritti su misura per Garcia, che
poteva esprimere profondità inebrianti come quelle con uno scintillio nella
propria voce, mantenendole ancorate al suolo quando avrebbero potuto facilmente
fluttuare via nell’etere. Per “Ripple” Garcia costruì una melodia che era pura
e umile, venata di una leggera tristezza. Hunter ricorda quando il suo vecchio
amico arrivò con la musica da abbinare alle parole: “Eravamo in Canada, in quel
viaggio in treno [il Festival Express,
1970] e una mattina il treno si fermò e
Jerry era seduto sui binari non troppo lontano, all’alba, che musicava
“Ripple”. Questo è un bel ricordo”.
In studio, la band accarezzò la canzone con la gentilezza di
un amante. La chitarra acustica di Garcia è il tenero cuore della canzone,
mentre la sezione ritmica di Phil Lesh e Bill Kreutzmann la sospinge dolcemente
in avanti. Quando arrivarono a “Ripple” su American Beauty, i Dead avevano
perfezionato definitivamente le armonie usate pesantemente su Workingman’s
Dead. Le voci di insieme su “Ripple” forniscono conforto quando le parole
evocano disagio.
Hunter fornisce versi che evocano saggezza cosmica e
serenità senza ignorare l’oscurità ai margini presente anche nelle vite più fortunate.
La canzone allude a differenti religioni e filosofie, dalle implicazioni della
cristianità nei versi che parlano di coppe piene e riempite, che richiamano il
salmo 23, al koan buddista del ritornello. Quest’ultimo addirittura rompe lo
schema di rime relativamente convenzionale delle strofe per formare un haiku, un
altro esempio in cui l’Oriente incontra l’Occidente nel brano.
La canzone si apre con Garcia che esprime la propria
opinione sul potere della musica, o per meglio dire sulla mancanza di esso. Anche
se le sue parole risplendessero e fossero maestosamente spinte attraverso
l’aria su un’arpa senza corde, non v’è certezza di un loro positivo impatto
sull’ascoltatore. Ciò nonostante, per inciso, ammette anche che il mondo è
migliore per la presenza della musica: “I don’t know, don’t really care/ Let
there be songs to fill the air.”
Nella seconda strofa, si raggiunge una maggiore sobrietà,
con il narratore che, dopo avere augurato buone novelle e coppe piene al suo
uditorio, grazie alla fontana magica, li avverte di una “strada, non una
semplice via maestra, tra l’alba e l’oscurità della notte”. Sul suo cammino il
viaggiatore non potrà godere di alcuna compagnia: “quel percorso è soltanto per
i tuoi passi.”
Mentre questi misteri irrisolvibili ancora aleggiano, il
ritornello irrompe e il mandolino suonato da David Grisman sembra sospendere la
canzone a mezz’aria in modo che Garcia possa esprimere l’immaginario incredibilmente
bello del ritornello: “Ripple in still water/ When there is no pebble tossed/
Nor wind to blow.” Possiamo considerare quei versi, le loro contraddizioni
intrinseche una facile partita per l’abilità necessaria a trasmetterli in
musica.
La strofa finale ritorna a toccare una corda infausta, ma
l’ultimo verso fornisce un po’ di consolazione. “If I knew the way, I would take you home,” canta
Garcia. Che il narratore fornirebbe assistenza se potesse, è tutto il
soccorso che può dare al suo compagno, e in qualche modo ciò è sufficiente. In
questo mondo difficile, deve essere così.
E se devi percorrere la strada da solo, c’è sempre la musica
da portare con sé come compagnia, come sembra suggerire il conclusivo coro del “la-da”
finale. I Grateful Dead hanno suonato “Ripple” nei loro spettacoli “Fare Thee
Well”, e sebbene il tentativo sia riuscito bene, non avrebbe mai potuto
eguagliare la versione originale su American Beauty. Forse perché Jerry
Garcia era presente solo in spirito. O forse semplicemente la perfezione
raggiunta da “Ripple” in sala di registrazione non poteva essere migliorata,
nemmeno dalla live band migliore del mondo.
Jim
Beviglia
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